Racconto: Gotham Funk

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Squarepusher
00domenica 1 agosto 2004 05:51
Finalmente sono tornato a Gotham, eccomi a casa. Dopo diciotto mesi stavo iniziando a morire di nostalgia. Non che in carcere mi sia trovato male. I detenuti comuni guardano di buon occhio i mutanti del rione, li vedono come eroi locali. Molti di loro già li conoscevo prima di finire al fresco.
Che casino. Dopo l’incidente di Superman, cinquant’anni fa, i supertipi sono sempre di più. Una miriade di pervertiti in calzamaglia che volano qua e là sconfiggendo gente come Ming di Mongo, o non so che cosa, schizzati totali con la fissa di distruggere l’universo. Tutti nel Pub della Giustizia a bere gassosa e mangiare biscotti della nonna, dopo giornate passate a sgominare i malvagi.
Per fortuna non sono così.
Cazzo, non li ho chiesti io i superpoteri. Ma adesso che li ho, non è cambiato niente. Sono sempre nel rione, vivo la mia vita. Non andrò di certo a combattere Godzilla per il bene dell’umanità.
Tutto è iniziato all’improvviso: un giorno come un altro ero in giro per le strade con Sikh e Louie. Mi viene voglia di cagare, ed entro in un bar del rione. Chiedo dov’è il cesso. Mi dicono che è rotto. Compro due birre e magicamente il cesso è disponibile. Ci entro di corsa, e pur vedendo che è il posto più ributtante, fetido e anti-igenico del mondo, me ne sbatto e ci cago lo stesso. Mai l’avessi fatto.
Una volta uscito, mi siedo al tavolo a finirmi le birre con Sikh, la mia ragazza, e Louie. Brav’uomo Louie. Vende armi ai portoricani, e cammuffa il business con un negozio di liquori. Lo conosco da quando aveva sei anni, e insieme abbiamo passato quasi tutta la vita. Insomma, ci eravamo impelagati in un discorso sulla pancetta di Marlon Brando, e le birre erano diventate dieci, quando iniziai a sentirmi male. Mi mancava il respiro, avevo tutto il corpo indolenzito, sembrava che il cuore mi pompasse nelle vene acido da batteria. Sikh mi dice: “Cazzo, Kyle, hai la faccia proprio come la merda.... ti senti bene?” Io ho risposto: “Mi è venuta la nausea... sto per vomitarci gli intestini.”.
In un attimo mi smolecolo. Il mio corpo si tramuta in un purè di carne cruda. Mi sono letteralmente sciolto a terra. Questo lo dico perché Louie me l’ha raccontato, in verità io ero come morto.
Chiamano l’ambulanza, che mi carica in una busta di plastica, e in seguito vengo passato ai federali.
Mi sveglio in un letto d’ospedale militare a Washington e una dottoressa mi dice che la tavoletta del cesso di quel bar era infetta con un virus alieno venuto da Plutone. Diceva che l’aveva portato sulla terra il clone deforme dell’Uomo Ragno, si era trasmesso al demonio in calzamaglia Demogoblin, che l’aveva contagiato al sicario Macendale, che per pura sfiga aveva appena cagato nello stesso bar. Solo che su di loro non ha fatto effetto per motivi ancora da chiarire.
Una federale mi ha detto che ora sono in grado di riassemblare le mie molecole a piacimento. Morfogenetica.
Parole troppo altisonanti per un ragazzo del rione. Cambio aspetto a volontà, sono un mutaforma.
Tra l’altro è molto utile per un ladro di macchine come me. Ma sicuramente non ho intenzione di allontanarmi dalla mia città per stronzate come la Giustizia e Il Bene Del Mondo..... Sembra ci sia una svendita di superpoteri a Gotham.
Mi diedero cento dollari e mi rispedirono a casa, su un charter.
Sikh mi ha subito mollato. Non voleva stare insieme ad un mutante, credeva fosse una schifezza tipo malato di AIDS. Ci ho provato, ma non capisce che i superpoteri non si trasmettono scopando. Dopo mi son fatto diciotto mesi dietro le sbarre, per millantato credito e furto d’auto. Mi è andata bene: se mi avessero beccato per il lavoro di Phat Bob e la sua crew, mi avrebbero dato l’ergastolo.
Insomma, quei figli di pus li ho fatti fuori, e ai giudici non sarebbe mai entrato in testa che l’economia del rione tira avanti a pallottole. Qualcuno diceva: “Il crimine paga ma non sai per quanto”. Ed aveva ragione. Vivi veloce, soldi facili, con amici e ragazze che fanno poche domande. Poi arriva uno stronzo e ti infila due proiettili nella schiena quando meno te l’aspetti. Non c’è bisogno di essere fattucchiere per prevedere il futuro della gente del rione.
Ed eccomi di nuovo per le strade, senza un soldo.
Gotham d’estate sembra un’enorme fornace. Le nubi di smog danno al tramonto una colorazione violacea, con nuvole verdastre che attraversano il cielo. E’ uno spettacolo meraviglioso, visto dalle giuste posizioni. Chi ha detto che l’inquinamento non ha lati positivi?
Sono qua, a godermi lo spettacolo in compagnia di un po’ di ganja comprata a Teddy il Merda. Mentre fumo, ripenso a ciò che è stato. Quanta gente ho perso, e quanta gente ho trovato per le strade del rione. Vaffanculo a chi è andato via senza l’ombra di un saluto.
Forse è meglio così, ho sofferto meno. Odio gli addii.
Penso all’asfalto e a tutte le Donne della Mia Vita che ho incontrato su di esso. E’ ben distinta ancora la figura di Kat, la prima. Ora è morta. Da bambino, a giocare con i sassi. Ora, a venticinque anni, a giocare con le pistole.
Squilla il cellulare, è Louie. Ciao amico. Cazzo amico. Tutto a posto. I Gotham Knights hanno vinto il campionato. Sarah è incinta. Naty è una fottuta tossica. Ted è una merda come al solito. Quanto tempo.
Ci diciamo le solite cose, le stesse cose che ripetiamo quando non ci vediamo da molto. Tipico. Quasi mi scende una lacrima a risentirlo dopo diciotto mesi. Credevo fosse morto.
Sbianco, quando devia nel discorso per giungere a conclusioni spiacevoli. “Hey, Kyle, sono nella merda fino al collo. Devo soldi a Luciano. Mi spacca un dito per giorno di ritardo se non glieli porto. Cazzo, sono cinquemila carte, Kyle. Scade fra tre giorni.”
Non ho un soldo, gli dico. Fai qualche lavoro. Vendi. E’ il tuo mestiere. Cazzo cerchi me. Lo sai che sono uscito da due giorni.
“Dai, tu sei una fottuta star..... sei un eroe. Ti prego.”
Figlio di puttana. Non lo voglio chiamare moncherino per il resto della mia vita. E’ come se fosse mio fratello. Mi ha salvato il culo in troppe occasioni. Gli dico che, okay, accetto, qualsiasi cosa sia.
“Ho incontrato uno straniero, mai visto prima. Un europeo, tipo strano. Cinquemila pippi se gli porto un ragazzino. Senza altre domande. Mi ha dato la metà in anticipo.”
Cristo. Un sequestro.
“Non dobbiamo chiedere riscatto. Niente. Dobbiamo solo tenerlo per tre giorni. Cioè, lui ha detto sette, ma l’ho convinto a ridurre a tre.”
Se mi metto nella merda, mi lanciano in una fortezza di massima sicurezza. Questa volta per molto tempo.
Cazzo, poi.... è un bambino.
“Dai, sarà una passeggiata. Avrà sui sei anni. Un pezzente del ghetto. Chi cazzo vuoi lo venga a cercare? Si chiama Jerry Knox, senza madre ufficiale. Il padre si chiama Corey, ma è morto qualche settimana fa. Hai presente quel tipo che è bruciato vivo nei quartieri alti.... poi tutta quella gente in fiamme nell’ospedale. Dai, quel disastro del cazzo di dieci giorni fa.”
Non ne ho sentito parlare.
Perché non fugge, quello stronzo di Lou? Se ne vada a Los Angeles, tanto Luciano ha altri cazzi per la testa. Non credo proprio che si scomoderà a chiamare la famiglia della costa ovest per un piccolo debito come questo.
“Si, hai ragione...... ma qui c’è tutta la mia vita, Kyle.”
Era una stronzata, in effetti. Non lo farebbe mai, e forse neanch’io. Ci vediamo al negozio.
Louie quasi piange al telefono. Ringrazia col cuore in mano.
Jerry, spero capirai che non è niente di personale.

L’amore è come fiamma, e io adoro il fuoco. Ogni persona, accendendo le giuste scintille, diviene come me. Carne bruciata. Splendida, estatica, mentre si consuma e si spegne. Corey Knox. No !!!!! Non più. E’ Morto. Estinto, sepolto. Ora non ho nome.
Fuoco. Dicono che mi ossessioni. I miei sogni sono FUOCO. Ammetto. I medici avevano ragione. Sono un piromane, e la mia Gotham diverrà una gigantesca pira funebre.
Tutto cominciò per caso. Attorno ad una macchina in fiamme, ballando nudo, danzando insieme alle fiammelle tremule. Prima ero un sacerdote protestante. Non conoscevo ancora la passione, la trascendenza. Poi iniziai. 47 incendi dolosi. Non capirete mai.... il piacere della carne lambita dal calore. La luminescenza, il fulgore divino. Una torcia nella notte, che dissolve il buio come un faro. Però tutto cambiò, quando rimasi intrappolato in un appartamento che avevo santificato con il fuoco. Il fumo nei polmoni, e le carni che arrostiscono e anneriscono. La pelle si squaglia, il volto diviene cenere. A quel punto, mi elevai. Toccai il creatore con un dito incandescente.
Mi recuperarono i medici, e mi punirono. Mi negarono la capacità di sentire il calore sulla pelle. Recisero i miei nervi tattili e i centri del dolore. Dissero che, se non l’avessero fatto, le ustioni erano talmente gravi che avrei passato il resto della vita ad urlare. Ma non scoprirono il mio piccolo segreto. Nel cuore bruciava ancora l’Amore. I medici tentarono di sedarmi, ma reagii piuttosto violentemente. Vidi sulle mie mani, sul mio intero corpo, scivolare la fiamma. Capii che il mio corpo fungeva da scintilla e combustibile. Il Creatore d’ogni cosa mi aveva benedetto con il più grande dei doni. Pira. Incendio. Scintilla. Fuoco.
Lasciai l’ospedale e mi rintanai nelle fogne. Dietro di me, l’odore di carne bruciata infestava un intero quartiere, e la struttura ospedaliera era ormai un enorme posacenere. Il mio corpo si spense, quando calò l’eccitazione e l’adrenalina. Ma non sentivo niente.
Osservai le mie mani.... distinguevo le ossa, avvolte da strati informi di carne cotta. Mi specchiai, e vidi il mio volto. Inumano. Una carcassa ustionata.
Non avevo più un viso, nessuna identità, rinato sotto forma di fiamma. L’Inferno era troppo freddo per me.
Avrei potuto fare così tanto, ora, con questo potere. Così tante case, così tanti uffici in cenere. Le mie motivazioni sono imperscrutabili, divine, non sono un criminale.
Piansi..... cos’ero diventato?!?!? Un mostro. Un freak. Gente come me balla al circo, a due dollari per spettacolo. Non potevo tollerarlo. Dovevo mantenere la calma, o il fuoco avrebbe nuovamente lambito le mie carni, avrei perso il controllo di nuovo. Molti sarebbero morti.
Il giorno dopo raccattai dai cassonetti un’impermeabile, e tentai di raggiungere casa.
Volevo rivedere Jerry, l’unica cosa che mi era rimasta.
Mio figlio.
Lo vidi giocare per la strada. Non appena mi avvicinai, scappò urlando. Il mio corpo..... non mi poteva riconoscere. Mi infuriai, e lo inseguii, bruciando dentro per la frustrazione. Il fuoco iniziò a sprigionarsi su di me, ma non me ne accorsi. Ero innocente...
Quando raggiunsi mio figlio, stringendogli la mano per fermarlo, urlò, esplicitando un dolore che andava ben oltre la sua capacità di tolleranza. Ridussi la sua mano ad una monca deformità carnosa, bruciata da un fuoco simile al cuore di una stella.
Scappai, piangendo, urlando. Anche lui mi era negato. Senza volto, senza storia, senza famiglia. Mi rintanai nelle fogne, e lì rimasi per giorni. Dovevo nascondermi per non bruciare. La fiamma che si agitava dentro me mi precludeva ogni rapporto sociale. Non potevo rischiare di storpiare altri bambini innocenti. Ma non potevo nascondermi per sempre, o sentivo che sarei morto. Il fuoco della passione si sarebbe spento. Mi rimisi a lavoro. Trovai le giuste strutture, le giuste scintille.
La notte di Gotham sarebbe stata più luminosa. Ma scelsi edifici vuoti: non sono un criminale.
Ogni tanto, mi appostavo davanti alla casa di Jerry per vederlo giocare con la sua nuova famiglia. Le lacrime, come acido solforico, colavano al suolo. Quella era la famiglia che io non ero riuscito a dargli: Jerry era felice.
La sua felicità era destinata a durare ben poco.

Cristo. Abbiamo il bimbo. Siamo in una casa di campagna, alla periferia estrema di Gotham. Nessuno sa la nostra locazione, tranne Luciano. Ma lui è pulito, tradirci sarebbe contro i suoi interessi. Ci siamo portati dietro l’armamentario di mezzo esercito. Abbiamo il frigo pieno di birra e granate.
Eppure non mi sento al sicuro.
Lou fa il possibile per smorzare la tensione, e nonostante questo, sono sicuro che questa volta la polizia mi farà secco senza tanti complimenti. Cazzo, abbiamo preso un bambino.
Sento dei passi, all’esterno.
Carico la Glock, mentre Lou si apposta a fianco alla porta con un fucile a pompa. Questa volta ci hanno trovato. Siamo nella merda nera.
Rimango a fiato sospeso per qualche secondo. La porta principale viene sfondata.
“CRIMINALI, ora dovete fare i conti con il sensei del Ninjitzu mutante. I miei riflessi, la mia lama. Il regno del terrore del vostro impero del male è finito..... Il mio nome è STREET SAMURAI!!!!!!!”
Appare davanti ai miei occhi una specie di coglio-ninja in calzamaglia, con una katana in mano e shuriken attaccati ai mutandoni gonfi.
Cristo, pensavo fosse l’FBI, invece era solo un supereroe in pagliaccetto.
Gli dico: “Beh, deciditi.... il nostro o è un regno del terrore o un impero del male, no?”
Lui rimane confuso un paio di secondi. Okay, non mi interessa la risposta. Gli pianto una palla in testa con la Glock prima che possa risolvere questo dubbio amletico.
Mi chiedo cosa serva una katana contro le pallottole. Non li capisco proprio i supereoi.
Lou fa sparire il cadavere, bestemmiando.
Io esco. Magari il ninja è venuto con gli amici. Faccio un cenno a Lou, che si mette alla finestra per coprirmi col fucile.
Cazzo, ma questo è lo Zoo.
“Siamo la JUSTICE FORCE !!!!!!!”
Davanti a me ci sono cinque buffoni, di questi solo uno ha il ferro.
“GUNSHOT !!! Il mio potere è la maestria soprannaturale con le armi... ho i riflessi talmente potenziati da essere il più letale pistolero d’America !!!!!”
Si avvicina cauto, impugnando una revolver. Il suo vestito è rosso fuoco, ha un elmo. Indossa l’antiproiettile.
“Sfidami come si fa a Bangkok, come Iena Plissken.” mi dice “Quando il barattolo cade a terra... spara, criminale !”.
Prende un barattolo dai suoi mutandoni, e lo lancia in aria.
Il barattolo scende velocemente.
Mentre Lou gli tira una granata sotto il culo, io freddo gli altri suoi amici. Katzwoman, Powergay... o come minkia si chiamano. Lo granata sparpaglia il rosso per mezza America.
Il barattolo cade a terra.
Adesso dobbiamo pulire tutto ‘sto merdaio.
Io odio i superpupazzi.

Ho perso tutto: il fuoco ha spazzato via ogni cosa. Il rogo che mi brucia dentro ha corroso ogni affetto, lasciando al suo posto solo cenere.
“DOVE?” urlai all’italiano. Lo chiamavano Luciano.
La carne del suo volto cuoceva e si essiccava, esposta all’Inferno che mi esplodeva dentro. Avevo interrogato una decina di pezzenti come lui, per saperne qualcosa su mio figlio. Eravamo soli, io e lui, nel profondo delle fogne in cui l’avevo trascinato. Parlerà. Alla fine parlano tutti.
Mi disse che da poco era giunto un europeo nel rione. Un bizzarro fetish straniero. Voleva un bambino. Per uno Snuff. Voleva mio figlio...
Così due criminali locali l’hanno sequestrato e portato in una casa di campagna a Sud di Gotham, vicino all’autostrada 66. L’europeo ha pagato perché lo tenessero un paio di giorni al sicuro, per poi contattarli e lasciare il bimbo in mano a professionisti dello Snuff. Avrebbero filmato la sua morte, accompagnata da orribili molestie sessuali.
Per un attimo, il silenzio avvolse l’intera città.
Tentai di razionalizzare, di organizzare un piano. Non aveva senso tentare di mantenere il controllo. Il fuoco esplose dal mio corpo come il cuore di una stella, mentre urlavo la mia disperazione, accovacciandomi al suolo. Venni a sapere, in seguito, che l’intero quartiere vide le fiamme, come fossero terminazioni aberranti del fiume Stige, strabordare dai tombini. Osservai il pezzente innanzi a me consumarsi e incenerire in un istante, le pareti umide essiccarsi e i liquami mefitici delle fogne evaporare in qualche secondo. Notai la mia carne assottigliarsi e bruciare, ma non c’era dolore, non c’era speranza che smettessi di ardere.
Per quanto ancora potevo continuare? Quanto tempo avrebbe impiegato la fiamma a corrodere i miseri residui del mio corpo?
Dopo una lenta e morbosa eternità, il fuoco si estinse. Dovevo trovare il bimbo e bruciare le streghe.... bruciare le streghe.... se sei colpevole, sei morto. Quei due teppisti erano colpevoli, e avrebbero alimentato il rogo.
Me ne resi conto molto presto. Ero sempre più vicino al fondo, stavo scivolando nella totale alienazione. Ma non importava: solo Jerry aveva valore.

“IL MIO CULO PRENDE FUOCO !!!!”
Louie urla, completamente sfasato dall’alcool.
“HO PERSO LE MUTANDE !!!!!”
Saltella freneticamente senza mutande, pericolosamente vicino al camino. Se le è tolte e le ha gettate nel fuoco, muovendosi come una viscida anguilla nel tentativo di eseguire illogiche coreografie, degne di Dirty Dancing. Anche il bimbo sfarfalla, gonfio di vino, con il cervello che gli fa breakdance nel cranio.
Rimane legato alla sua sedia, ridendo istericamente, con un’espressione da culo prensile stampata in faccia.
Questo è il nostro modo di smorzare la tensione.
Osservando questo delirio dall’esterno, in totale lucidità, non riesco a non sghignazzare per le assurdità in cui si esibisce il mio collega.
Siamo proprio dei cazzoni. Evidentemente non siamo tagliati per il sequestro. I professionisti avrebbero agito con più coerenza e lucidità. Ma noi non lo siamo, e ci stiamo divertendo un mondo.
Esco dalla casa per fare uno squillo a Luciano. Visto che ci sono i suoi soldi in gioco, mi ha chiesto di tenerlo aggiornato sullo sviluppo della nostra “missione”.
Provo a contattarlo al ristorante di Zio Enzo. Di solito bazzica sempre lì, quando non lavora.
Mi risponde Zio.
“UEEE’, MA TU SII CHILLE MARCIANO !!! COMO U’ PUGGILE !!!! MA CAZZO STA’ SUCCEDENDO ?”
Kyle, non Chille. Marciano come Rocky Marciano, sicuro. E non urlare al telefono, che mi sfondi un timpano.
Ciao bello. Luc è in giro?
“Da qualche giorno è sparito, ‘stu piezz ‘e merda....”
Termino la chiamata, salutando sbrigativamente Zio.
E adesso? Se Luc è morto, salta tutto l’affare. Non è normale per un perfezionista come lui sparire senza lasciare tracce.
Prima che possa pensare a cosa fare, sento il rumore di un paio di motori che rimbombano nella desolazione che avvolge la casa. Spero non siano altre superpippe.
Corro in casa e sposto il bimbo, buttandolo insieme alla sedia in una lurida vasca, in bagno. In caso di sparatoria, dovrebbe essere abbastanza al sicuro. O almeno lo spero.
All’esterno si iniziano a vedere luci, fari di automobili, pericolosamente somiglianti ai furgoni degli SWAT.
Se hanno scomodato i commandos della polizia per farci il culo, sicuramente non hanno intenzione di arrestarci. E’ molto più probabile un’esecuzione sommaria, senza perdite di tempo e denaro per un processo regolare.
Una sbirciatina dalla finestra conferma i miei sospetti. Abbiamo davanti un piccolo esercito.
Lou si è addormentato, in totale sfascio alcolico, e io sto iniziando a diventare fortemente agitato: siamo fottuti oltre il limite massimo tollerabile.
Dobbiamo cambiare strategia. Fuggire molto lontano.
Quelli che stanno arrivando sono SWAT, cazzo, non superchecche. E’ come se fossimo già morti. Ho visto gente del genere sfondare pareti in cemento con granate per poi tempestare feccia comune con il fuoco degli M-60, incuranti di eventuali cittadini innocenti coinvolti.
Con loro in giro, ogni situazione è guerriglia urbana.
Dove passano gli SWAT, la gente del rione muore. Sempre.
Affacciandomi alla finestra, vedo i loro furgoni parcheggiarsi in modo da formare una specie di barriera. Scendono una ventina di agenti corazzati. Pistole, fucili, granate, armi semiautomatiche e automatiche, neanche l’ombra di un qualcosa di non letale.
Vedo già mirini laser puntati in posizioni strategiche. E non ci hanno neanche intimato di arrenderci.
Prendo di peso Lou, svenuto per l’alcool, e raccatto una siringa e della coca che ci eravamo portati dietro. Dopo un’endovena di pura cocaina, resuscita come Gesù Cristo.
Quando gli spiego tutto, molto rapidamente, entra in panico totale. Il nostro morale scende a zero assoluto in meno di un secondo. Spegniamo tutte le luci in casa, per fornirci un minimo di protezione a sguardi indiscreti.
Hey, ma.... adesso che ci penso.... forse abbiamo una piccolissima possibilità di sopravvivere.

Ammetto. Ho fatto la spia. Il fuoco necessita mezzi infiammabili per propagarsi. Io sono il fuoco, la polizia il combustibile. Persone come i rapitori, invece, sono proprio ciò che alimenta la fiamma con più violenza. Persone come loro, generalmente, bruciano.
Avvisai le forze dell’ordine sulla loro posizione, e mi nascosi su uno dei loro furgoni, in attesa dell’Inferno. Dopo una corsa folle verso il rifugio dei colpevoli, aggrappato al tetto delle loro vetture blindate, finalmente vidi la loro casa stagliarsi all’orizzonte. Come previsto, gli SWAT si prepararono a demolire tutto.
Non gli fregava un cazzo di noi. Eravamo civili, carne da cannone. Sia mio figlio, che i due sfigati. Anche io valevo meno della merda, dal loro punto di vista. Erano la per punire, non per proteggere e servire.
Ma questo era un problema secondario.
Li avrei ridotti in cenere dopo aver recuperato mio figlio. Strisciai nell’ombra, avvicinandomi non visto alla casa. Entrare fu semplice. Una porta di legno marcio non rappresenta mai un problema. Muovendomi in silenzio assoluto, leggero come il vento, giunsi in un ampio salone. Un ragazzo sui vent’anni, seduto davanti ad una finestra, reggeva un sacco sportivo aperto, straripante di granate. Sentivo l’odore della paura che provava, nauseante come zolfo, infestare l’aria. Affianco a lui, un altro ragazzo dai tratti somatici italiani, sussurrava: “Adesso, Lou, io esco. Li faccio fuori, li faccio fuori, e continuo a farli fuori finché non rimane un cazzo di niente. Poi, come torno a casa, faccio fuori Luciano, l’europeo, e se necessario chiunque me lo impedisca. E se Luc è già morto, trovo chi l’ha ucciso e lo sparpaglio ai quattro venti. Ci hanno messo in casini esagerati per gente come noi. Dobbiamo seccare tutti e poi sparire nel nulla, come se non fossimo mai nati. Rubiamo tutti i soldi possibili e fuggiamo in Messico.”
Erano patetici. I loro piani, irrealizzabili.
A prima vista, si vedeva subito. Erano perdenti DOC.
Il tipo italiano prese la sacca di granate. Improvvisamente, si sciolse in una pozza di carne liquida, viva, guizzante.
Rimasi spiazzato per qualche secondo, ad ammirare questo prodigio della natura. Pur non capendo il motivo di quel disgustoso miracolo, rimasi incuriosito ad osservare lo sviluppo di quella situazione anomala.
Il lago di carne uscì dalla porta principale, inglobando la sacca. Nel buio della notte, pareva che questa si muovesse da sola, spinta da un vento inesistente.
Gli SWAT rimasero attoniti come me. Videro questa borsa avvicinarsi, posarsi vicino a loro. Non capivano.
Evidentemente, un tentacolo di carne liquida tolse la sicura ad una granata e strisciò verso la casa, ad una disperata velocità. Durante il tragitto, parve mutare e riassumere in pochi secondi una forma umanoide.
Dico questo perché l’esplosione fu talmente impetuosa da farmi pensare che le forze di polizia fossero finite in orbita.
Ora potevo agire liberamente.
Mi avvicinai alle spalle del ragazzo nominato Lou, con l’adrenalina che pompava nelle vene, e il fuoco che iniziava ad avvolgere le misere vestigia del mio corpo.

Questo non è un sequestro, è un troiaio. Con il sorriso fisso tipo Joker, rientro nella casa maledetta. Alle mie spalle, il Day After. Niente più polizia, solo un cumulo di macerie fumanti e crateri del cazzo.
Hey, sia chiaro che uccidere non è mai piacevole. Anzi è orribile. Ma certe volte come questa.... sono decisamente euforico per aver smolecolato quei figli di pus corazzati.
Ora mi aspetta una notte di birra a fiumi, festino incessante.
Il calore nella casa è sgradevole. La puzza di carne bruciata avvolge ogni cosa. Qualcosa non va.
Lou. Dove cazzo è Lou ?
Raccolgo una Magnum dal suolo, ricoperto di scatole di tonno consumate, droga e armi.
Mi accendo una sigaretta, tirando profondamente, e percepisco, nel buio, un lieve gemito. Sembra di dolore.
“Il bimbo. Dov’è?” una gracchiante voce mi mette in guardia. Per un attimo perdo totalmente il controllo sui miei nervi logori. Punto la pistola al buio e svuoto il caricatore, tentando di colpire approssimativamente l’origine della voce. Nessun effetto.
“Non mi hai risposto.” Continua lo sconosciuto.
Rapidamente, la camera si illumina, a causa di un incomprensibile fiamma. Vedo Lou a terra, gravemente ustionato, con strati muscolari in evidenza tra brandelli di pelle incenerita. Almeno è vivo.
Sopra di lui, una carcassa carbonizzata lo schiaccia a terra con un piede. Il fuoco lo ricopre, ma sembra non accorgersene. Che schifo. Proprio uno spettacolo rivoltante.
Altro che superfiche o SWAT. Questo mi sembra uscito dall’Inferno. E’ la forma materiale della paura. E io mi sto decisamente cagando sotto.
Gli dico: “Hey, molla Lou. Non so chi tu sia, ma noi non ti abbiamo fatto un cazzo. Questo è sicuro.”
Le fiamme sul suo corpo crepitano, e il suo sguardo.... cazzo, è come se si tingesse di sangue. E’ incazzato come una bestia.
Vedo i buchi della 44 Magnum sul suo corpo. Almeno tre palle l’hanno preso in pieno, senza fargli niente.
Cosa posso fare per buttarlo giù? Devo usare le parolacce?
Il corpo in fiamme mi fissa negli occhi, e sembra che il suo rancore si manifesti sotto forma di fuoco. Non mi stupirei se a questo stronzo gli scorresse in vena lo Stige.
Mi dice: “Non ti nascondo la verità. Prenderò il bimbo e poi ti ucciderò. E anche il tuo amico. Anche se collaborerete.”
Non è rassicurante. Il mio ferro è scarico, Lou è una patatina fritta, e siamo soli nel raggio di sette o otto chilometri. L’unica cosa che ho è un revolver con due colpi, infilato nelle mutande.
Mi arrendo. Basta. Non ce la faccio.
Basta strategie e basta puttanate.
In un secondo trasformerò questa casa in Piomboland.
La paura si muta in rassegnazione, e tiro fuori la revolver. Sparo il tipo fiammeggiante nello stomaco, e corro come se avessi un razzo infilato nel culo. Mi volto e vedo che l’impatto lo ha sbattuto a terra, anche se non accenna a morire, quel bastardo.
Giungo in bagno, e libero in un paio di secondi il bimbo. Gli ficco la canna della pistola in bocca e torno nel salone, dove il demonio fiammeggiante si sta rialzando.
“Ora...” gli dico “...se io fossi un eroe e tu il supercattivo dovremmo incasinarci in uno scontro epico, ma ti giuro che non ne ho voglia dopo il troiaio che è successo. Questo cazzo di bambino mi ha stancato. Te lo tieni tu. Fine dei giochi. Tutti felici e tutti interi.”
Rimane in dubbio per qualche secondo. Prego che ci caschi e non mi faccia fuori. Voglio solo andare via da qua. Fanculo Jerry. Si è pisciato addosso. Il mix di tremori e sudore sul suo corpo lo rendono viscido come un’anguilla.
Mi ha proprio stancato.
Concludo il discorso: “....quindi, adesso il metto la pistola a terra. E tu non carbonizzi il mio amico.”

Domande e risposte, dubbi e compromessi. Il fuoco non conosce compromessi. Ma la vita si.
Non potevo lasciar morire il bimbo.
L’italiano mise la pistola a terra, il fuoco si estinse. Avrei voluto solo abbracciare mio figlio.
Avrei voluto. Non potevo.
Non potevo più amare. Non potevo fuggire dal dolore.
Lasciai andare Lou dalla mia presa incandescente.
Forse sarei morto presto, pensai, i proiettili che avevo in corpo avrebbero potuto distruggere qualche organo vitale. Non avevo paura della morte. In realtà, forse era proprio la vita a terrorizzarmi.
Gli occhi dell’italiano esprimevano miseria e paura, i miei odio e frustrazione. Non ero sicuramente meglio di lui. Jerry mi squadrò, impaurito, in lacrime.
Mi rifiutò. Preferì i rapitori a quel mostro che lo voleva carpire. Mi voltai, e sparii nelle tenebre.
Era quello il mio posto. La solitudine e l’oscurità. Quel buio che io illuminavo come un faro. Prima di sparire per sempre, sussurrai ai due: “Non avrete pace. Mai.”

In meno di niente, raccolgo Lou e il bimbo. Fuggo in macchina a tavoletta, senza voltarmi. Al primo segno di urbanizzazione, suono al citofono di una villetta casuale e lascio lì Jerry. Non mi frega un cazzo.
Che torni a casa da solo.
Forse questa è l’occasione per iniziare un’esistenza diversa.
Una volta tornato nel rione, all’alba, l’aria che si respira è quieta, quasi bucolica.
Non avevo mai trovato l’alba di Gotham così splendida. Dopo una notte infinita, si apprezza ogni singolo raggio di luce, ogni singola brezza tiepida.
Non appena trovo il primo grasso strozzino che mi capita, gli chiedo cinquemila dollari. Nel rione sono conosciuto e fidato. Non mi fa tante storie.
Ora io e Lou andremo finalmente a vivere, senza preoccuparci ogni cinque minuti di schiattare. Mi manca così tanto un letto caldo.
Quel diavolo del cazzo mi ha fatto capire che la fortuna non è eterna. Ci sarei potuto rimanere secco in quella casa, se non fosse per la sua clemenza.
Continuare a respirare. Questo è veramente importante. Non posso vivere per sempre come Clint Eastwood.
Perché lasciare questa vita ?
Giorno dopo giorno, notte dopo notte non capivo il perché.
Ma adesso che in mano non mi è rimasto niente, niente da sognare, capisco qual’é la via che devo percorrere. Fottersi la vita nel rione, e alla fine rimanere con un pugno di polvere: questo è l’unico sogno che mi si prospetta a Gotham.
Lou mi dice: “Voglio che mi porti via da qua, Kyle. Voglio ricominciare a sognare.”
Forse il demonio si sbagliava. Forse avrei trovato la pace, lontano dalle strade del rione. Forse.

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