Pio XII: il grande Pastor Angelicus che salvò migliaia di ebrei

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proRatzinger
00mercoledì 8 ottobre 2008 16:38
proRatzinger
00mercoledì 8 ottobre 2008 16:43
Domani ricorre il L della morte del Pastor Angelicus, Sua Santità Pio XII, l'ultimo Principe di Dio, grandissimo pontefice della Chiesa che guidò in un momento difficile dal 1939 al 1958, quindi anche durante la Seconda Guerra Mondiale. Moltissimi ebrei, grazie alla fondazione "Pave the Way" hanno salvato e rimesso in luce la verità su questo grande pontefice, che moltissimi che blaterano solo per sentito dire, accusano di antisemitismo, razzismo e filonazismo. Senza prove, oltretutto, alimentando una leggenda sconfessata sin dalle prime volte in cui apparì, subito dopo la guerra dal ringraziamento di moltissimi ebrei e anche del rabbino capo di Roma Elio Toaff. La sua beatificazione e canonizzazione deve potersi svolgere perchè veramente Eugenio Pacelli fu un grandissimo pastore, immortale pontefice, su cui gravano le sporche e schifose calunnie di gentaglia prevenuta e ubbiosa. Evviva il Grande Pacelli!!!
proRatzinger
00mercoledì 8 ottobre 2008 16:45
PIO XII

(1876-1958)





Eugenio Maria Giuseppe Pacelli, che diverrà papa col nome di Pio XII, nasce a Roma il 2 marzo 1876, figlio di Virginia Graziosi e di Filippo Pacelli. Trattasi di una famiglia molto addentro agli uffici giuridici della Curia Romana, in quanto il padre era decano degli avvocati concistoriali ed il fratello, Francesco, era giureconsulto della Santa Sede e componente della Commissione Vaticana che preparò la redazione dei Patti Lateranensi.

Studente presso l’Università Gregoriana e il Pontificio Ateneo del Seminario Romano dell’Apollinare, per motivi di salute abitava presso la famiglia e non nei Collegi. Conseguita col massimo dei voti la laurea in teologia e in utroque iure, ordinato sacerdote il 2 aprile 1899, fu subito assunto quale minutante dalla Segreteria di Stato della Santa Sede ed utilizzato nell’ambito della Congregazione degli Affari Ecclesiastici straordinari, della quale divenne sottosegretario nel 1911 e segretario nel 1914, e dove si fece apprezzare quale collaboratore del Cardinale Pietro Gasparri nella preparazione del Codice di diritto canonico, promulgato nel 1917 dal Papa Benedetto XV.

Nello stesso anno, mentre si combatteva la prima guerra mondiale, fu nominato Arcivescovo titolare della sede di Sardi (Anatolia) e Nunzio apostolico a Monaco di Baviera, dove si impegnò ad assistere i prigionieri e la popolazione tedesca stremata dalle difficoltà del conflitto e dalla disfatta militare.

Nel 1920 venne nominato Nunzio presso la nuova Repubblica di Germania decretata dall’Assemblea di Weimar, e in tale ufficio operò per concludere accordi della Santa Sede con la Baviera (1925) e con la Prussia (1929).

Creato Cardinale il 16 dicembre 1929 da Pio XI e richiamato a Roma, il 7 febbraio 1930 venne nominato Segretario di Stato quale successore del Cardinale Gasparri. Su mandato del Papa, che fra l’altro apprezzava nel suo collaboratore la notevole conoscenza di numerose lingue, il Pacelli intervenne quale Legato pontificio ai Congressi Eucaristici di Buenos Aires (1934) e di Budapest (1938), alle celebrazioni di Lourdes (1935) e di Lisieux (1937) e a diverse missioni particolari, fra le quali è opportuno ricordare quella del 1936 negli Stati Uniti, dove ebbe colloqui con il Presidente Roosevelt. La sua profonda conoscenza della lingua tedesca lo impegnò per la realizzazione del Concordato della Santa Sede con la Germania di Hitler (1933), quantunque temesse in partenza il fallimento dell’accordo. Il quale, tuttavia, valse a tutelare in qualche modo il mondo cattolico nel Reich nazista.

A seguito della morte di Pio XI, 10 febbraio 1939, il 1° marzo successivo si aperse il Conclave, che l’indomani elesse il nuovo Papa: Pio XII. Questo il nome scelto da Eugenio Pacelli, il quale iniziò così il suo lungo Pontificato (ben 19 anni, dal 1939 al 1958), uno dei più difficili e drammatici Pontificati fra i tanti che la Chiesa ricorda nel corso di due millenni.

Uomo di grandissima esperienza diplomatica, egli avverte che lo attende uno dei più travagliati periodi storici. Fin dal suo primo intervento, il Radiomessaggio Dum gravissimum del 3 marzo 1939 indirizzato al mondo intiero, egli esprime la propria preoccupazione per quanto si teme: «In queste ore trepide, mentre tante difficoltà sembrano opporsi al raggiungimento della vera pace, che è l’aspirazione più profonda di tutti, Noi leviamo, supplichevoli a Dio, una speciale preghiera per tutti coloro cui incombe l’altissimo onore e il peso gravissimo di guidare i popoli nella via della prosperità e del progresso civile».

Mentre per riservate vie diplomatiche interessa numerose personalità politiche, fra le quali Franklin Delano Roosevelt e Benito Mussolini, affinché si eviti la guerra, il 2 giugno davanti al Sacro Collegio rinnova la propria implorazione a Dio affinché nei cuori dei governanti e dei popoli operi il soffio della pace.

Purtroppo il pericolo del sanguinoso conflitto internazionale si fa più assillante, tanto che il 24 agosto 1939 Pio XII indirizza a tutto il mondo il Radiomessaggio Un’ora grave, con il quale invoca ancora una volta la pace: «È con la forza della ragione, non con quella delle armi, che la Giustizia si fa strada… La politica emancipata dalla morale tradisce quelli stessi che così la vogliono. Imminente è il pericolo, ma è ancora tempo. Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra».

Anche l’Esortazione indirizzata il 31 agosto ai Governi d’Inghilterra, Francia, Germania, Italia e Polonia perché si riduca la tensione in corso resterà inascoltata. L’indomani, 1 settembre 1939, inizierà la seconda guerra mondiale con l’invasione della Polonia da parte della Germania nazista. Il 3 settembre la Gran Bretagna e la Francia dichiarano guerra alla Germania. Nei mesi successivi il conflitto investirà quasi tutti i Paesi d’Europa: Finlandia, Danimarca, Norvegia, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Albania, Grecia, Bulgaria, Jugoslavia. Il 10 giugno 1940 l’Italia, alleata della Germania, dichiara guerra alla Francia e alla Gran Bretagna. Quattro giorni dopo, le flotte inglese e francese bombardano Genova dal mare. Il 7 dicembre 1941 le forze aeronavali giapponesi attaccano la base navale americana di Pearl Harbor. Il conflitto ha ormai dimensioni mondiali.

Nella drammatica e tragica situazione che via via è venuta determinandosi, Pio XII utilizza i nobilissimi — ma insufficienti — strumenti di cui dispone. Il 20 ottobre 1939 indirizza ai Presuli della Chiesa la sua prima Enciclica, la Summi Pontificatus, con la quale esprime la propria angoscia per le sofferenze che stanno per abbattersi sulle persone, sulle famiglie, sulla società. Nell’«ora delle tenebre» calata sull’umanità, egli invita a pregare perché la tempesta venga sedata, e siano banditi gli spiriti della discordia che hanno provocato il sanguinoso conflitto.

I mezzi di cui dispone per la comunicazione sociale sono pochi. Quelli tradizionali, cioè gli scritti utilizzati per le Encicliche, le Epistole e le Bolle, superano con difficoltà le censure e i confini degli Stati, in guerra l’uno contro l’altro. Con felice intuizione il Pontefice, (seguendo l’esempio inaugurato da Pio XI il 12 febbraio 1931 con il Radiomessaggio Qui arcano Dei indirizzato tramite la Radio Vaticana a tutta l’umanità), utilizza con lodevole frequenza il mezzo radiofonico che la nuova tecnica ha messo a disposizione. Quasi 200, compresi quelli Natalizi, sono i Radiomessaggi da lui trasmessi a tutto il mondo in diverse lingue: latino, spagnolo, francese, italiano, inglese, tedesco, portoghese. Se si considera che il difficile compito di Pio XII, oltre i citati testi orali, contempla la redazione di documenti scritti impegnativi quali le Encicliche (ben 41!), le Epistole, i Brevi, i Motu proprio, le Bolle, si evince chiaramente l’imponente mole di attività cui egli si è dedicato per tanti anni.

Fedele esecutore della parola di Cristo, nella terribile tempesta che ha colpito il mondo intero, Papa Pacelli opera con tutti i mezzi di cui dispone per alleviare le miserie dei profughi, dei rifugiati, dei bombardati, degli affamati, dei perseguitati, degli ebrei, sia in Italia, sia all’estero. Quale Vescovo di Roma si reca di persona nel luglio e agosto del 1943 nei popolosi quartieri di San Lorenzo e di San Giovanni a portare conforto alle vittime dei bombardamenti angloamericani.

Ma anche i problemi politico-ideologici lo impegnano decisamente. Contro il nazismo dispotico e violento, già duramente condannato da Pio XI il 14 marzo 1937 con l’Enciclica Mit brennender Sorge, anche Pio XII interviene più volte con diversi messaggi, in particolare con quello Natalizio del 1942 (come egli stesso ricorderà il 2 giugno 1945 parlando al Sacro Collegio). In tale occasione, egli aveva definito inspiegabile come in alcune regioni «disposizioni molteplici attraversino la via al messaggio della fede cristiana, mentre concedono ampio e libero passo a una propaganda che la combatte. Sottraggono la gioventù alla benefica influenza della famiglia cristiana e la estraniano dalla Chiesa; la educano in uno spirito avverso a Cristo, instillandovi concezioni, massime e pratiche anticristiane; rendono ardua e turbata l’opera della Chiesa nella cura delle anime e nelle azioni di beneficenza; disconoscono e rigettano il suo morale influsso sull’individuo e la società». L’amarezza del Papa si aggrava constatando che tali angosciose disposizioni, lungi dall’essere state mitigate o abolite nel corso della guerra, sono andate talvolta inasprendosi. Sovente egli interviene per denunciare l’infamia del conflitto in corso. Nell’Allocuzione Nella desolazione del 12 marzo 1944 indirizzata ai profughi raminghi e senza focolare, egli sottolinea le disastrose conseguenze del flagello bellico che non conosce «né leggi né freni». E nell’Allocuzione È ormai passato del 2 giugno 1944 egli ripete il proprio grido «guerra alla guerra», contro l’immane tragedia che «ha raggiunto gradi e forme di atrocità che scuotono e fanno inorridire ogni senso cristiano ed umano». A favore degli ebrei, colpiti dall’insensato odio di una folle dottrina razzista, egli svolge una preziosa opera di carità, che verrà testimoniata dagli ottanta delegati dei campi di concentramento tedeschi che nella speciale udienza in Vaticano del 29 novembre 1945 ringrazieranno «personalmente il Santo Padre per la generosità da lui dimostrata verso di loro, perseguitati durante il terribile periodo del nazifascismo».

Solo la pace e la sicurezza impostate sulla giustizia potranno garantire ai popoli un pubblico ordinamento conforme alle esigenze fondamentali della coscienza umana e cristiana. Sono i concetti che Pio XII ripeterà il 9 maggio 1945 nel Radiomessaggio Ecco alfine con il quale, terminata la guerra, inginocchiato «in ispirito dinanzi alle tombe, ai burroni sconvolti e rossi di sangue, ove riposano le innumerevoli spoglie di coloro che sono caduti vittime dei combattimenti o dei massacri disumani, della fame o della miseria» raccomanda tutti a Cristo nelle proprie preghiere. E invita a riprendere il cammino: «Fugata dalla terra, dal mare, dal cielo la morte insidiatrice, assicurata ormai dall’offesa delle armi la vita degli uomini, creature di Dio, e quanto ad essi rimane dei privati e dei comuni averi, gli uomini possono ormai aprire la mente e l’animo alla edificazione della pace». Ma già in quella fatidica giornata egli intravede il cammino che l’Europa dovrà affrontare: problemi e difficoltà gigantesche, «di cui bisogna trionfare se si vuole spianare il cammino a una pace vera, la sola che possa essere duratura». Con visione assolutamente anticipatrice, fin dal 1940, nell’Allocuzione Grazie, Venerabili Fratelli del 24 dicembre, egli aveva affermato che dopo la fine della guerra l’Europa non sarebbe più stata quella anteriore al conflitto, ed aveva indicato dettagliatamente i presupposti indispensabili per il nuovo ordinamento, fondato sulle norme della moralità. Evidentemente aveva intuito quanto poi si sarebbe verificato.

La conclusione della guerra 1939-1945, che vede l’Unione Sovietica fra le potenze vincitrici, apre la diffusione del comunismo fra le Nazioni dell’Europa centro-orientale e in Cina, nonché in altri paesi fra i quali la Francia e l’Italia. Già nell’Allocuzione Nell’accogliere del 5 giugno 1945 il Papa denuncia la violenza brutale esercitata su Nazioni medie e piccole alle quali si vuole imporre un nuovo sistema politico o culturale che la grande maggioranza delle loro popolazioni recisamente respinge: «Purtroppo abbiamo dovuto deplorare in più di una regione uccisioni di sacerdoti, deportazioni di civili, eccìdi cittadini senza processo o per vendetta privata; né meno tristi sono le notizie che Ci sono pervenute dalla Slovenia e dalla Croazia». Il trascorrere del tempo non migliora la situazione, tanto che il 24 dicembre 1946, parlando al Sacro Collegio, Pio XII rileva che, invece d’incamminarsi verso una reale pacificazione, in ampie regioni, soprattutto in Europa, i popoli si trovano in uno stato di costante agitazione, «da cui in un tempo più o meno vicino potrebbero sorgere le fiamme di nuovi conflitti».

In effetti, l’Europa appare divisa in due: è nata quella «guerra fredda» che Papa Pacelli descriverà con tanta efficacia nel Messaggio Ecce ego declinabo del 24 dicembre 1954: «È impressione comune che il principale fondamento, su cui poggia il presente stato di relativa calma, sia il timore. Ciascuno dei gruppi, nei quali è divisa l’umana famiglia, tollera che esista l’altro, perché non vuole perire egli stesso. Evitando in tal modo il fatale rischio, ambedue i gruppi non convivono, ma coesistono. Non è stato di guerra, ma neppure è pace: è una fredda calma». È una tacita intesa nella quale anche il comunismo ha precise responsabilità, come dichiara esplicitamente il Pontefice nel Radiomessaggio natalizio Col cuore aperto del 1955: «Noi respingiamo il comunismo come sistema sociale in virtù della dottrina cristiana, e dobbiamo affermare particolarmente i fondamenti del diritto naturale». Né, prosegue il Papa, si può considerare il comunismo come una tappa necessaria nel corso della storia, e quindi accettarlo quasi come decretato dalla Provvidenza.

Nel frattempo è venuto maturando in Ungheria un caso drammatico che ha colpito tutto il mondo. Il Primate della Chiesa cattolica, il Cardinale Giuseppe Mindszenty (già incarcerato per alcuni mesi dai nazisti nell’autunno 1944 per il suo atteggiamento autonomo e antirazzista), il 27 dicembre 1948 viene arrestato dai comunisti ungheresi sotto l’imputazione di tradimento e di complotto contro la Repubblica. L’8 febbraio 1949 viene condannato all’ergastolo. Pio XII protesta energicamente in più occasioni. In particolare, egli si rivolge all’Episcopato ungherese il 2 gennaio 1949; al Corpo diplomatico riunito in udienza plenaria il 16 febbraio 1949 dopo la sentenza del Tribunale di Budapest; ad una moltitudine di cattolici convenuti in piazza San Pietro il 20 febbraio 1949. Egli non demorde. Con decreto del Sant’Uffizio del 1° luglio 1949 scomunica il comunismo ateo, e il 29 giugno 1956 indirizza alla Gerarchia cattolica dell’Europa orientale l’Epistola apostolica Dum maerenti animo, con la quale denuncia ancora una volta le dolorose condizioni in cui si trova il mondo cattolico in quelle regioni: diritti conculcati, associazioni soppresse e disperse, vescovi e sacerdoti incarcerati, esiliati o impediti, incitamenti allo scisma. L’accusa del Papa contro i luttuosissimi eventi da cui è colpita l’Ungheria è incessante, tanto che il 28 ottobre 1956 egli indirizza addirittura un’Enciclica all’Episcopato di tutto il mondo affinché siano indette pubbliche preghiere in modo che «il carissimo popolo ungherese, afflitto da tanti dolori e bagnato da tanto sangue, come pure gli altri popoli dell’Europa orientale privati della loro libertà, possano felicemente e pacificamente dare un retto ordine alla loro cosa pubblica». L’invocazione del Pontefice, affidata ad un documento di tanto valore internazionale, induce le autorità ungheresi a concedere la libertà, il 31 ottobre 1956, al Cardinale Mindszenty, che ha scontato ben otto anni di carcere. Il Papa esulta, ed esprime la propria grande gioia inviando un telegramma al Porporato restituito alla sua missione.

Quantunque impegnato nelle mille esigenze spirituali, politiche e organizzative del suo ministero, Pio XII ha seguito attentamente anche le vicende scientifiche del suo tempo. Nel Radiomessaggio Nell’alba e nella luce pronunciato il 24 dicembre 1941, in piena guerra, egli esalta il progresso quale «dono di Dio» e ricorda che la Chiesa, madre di tante Università europee, ancora esalta e convoca i più preparati maestri delle scienze. Del pari, nell’Allocuzione Nel ritrovarci dell’8 febbraio 1948 egli elogia calorosamente gli sforzi degli scienziati che, superando mille difficoltà e mille ostacoli, sono giunti alla conoscenza più profonda delle leggi che riguardano la formazione e la disintegrazione dell’atomo, dando vita alla cosiddetta «era atomica». E nel Radiomessaggio natalizio del 24 dicembre 1953 egli magnifica la tecnica moderna, che conduce l’uomo verso una perfezione mai raggiunta nella dominazione del mondo materiale: «Abbracciando con uno sguardo i risultati di questa evoluzione, par di cogliere nella natura stessa il consenso di soddisfazione per quanto l’uomo ha in essa operato, e l’incitamento a procedere ulteriormente nella indagine e nella utilizzazione delle straordinarie possibilità».

In linea con tali convincimenti, Pio XII dedica la sua viva attenzione anche ai mezzi della comunicazione sociale. Esperto utente dei Radiomessaggi, dei quali si è largamente servito durante la guerra in sostituzione dei tradizionali testi scritti, quando la Televisione italiana sta per iniziare le sue regolari trasmissioni, il 4 gennaio 1954 egli invia ai Vescovi d’Italia un’Esortazione con la quale esalta il nuovo «meraviglioso mezzo offerto dalla scienza e dalla tecnica all’umanità», ma al contempo li invita a vigilare attentamente sui danni che da esso potrebbero derivare. Del pari, quando il 6 giugno 1954 viene costituito l’Ente «Televisione Europa» che comprende le Radiotelevisioni di Italia, Francia, Germania, Belgio, Olanda, Danimarca e Gran Bretagna, il 6 giugno 1954 il Papa saluta con gioia in diverse lingue l’avvenimento: il telespettatore potrà così cogliere in diretta sul volto degli oratori e dei protagonisti anche le più lievi sfumature dei loro sentimenti. Ed è tanto convinto dell’importanza dei nuovi mezzi della comunicazione sociale, che il 16 dicembre 1954 istituisce la Pontificia Commissione per la cinematografia, la radio e la televisione, alla quale affida il compito di studiare i problemi di tali attività che hanno attinenza con la fede e con la morale.

Nonostante i suoi molteplici impegni, il 21 giugno 1955 egli concede una solenne udienza ai rappresentanti dell’industria cinematografica italiana per sottolineare la straordinaria importanza della nuova arte, che dopo sessant’anni dalla prima proiezione si è assicurata il potere di richiamare nel buio delle sale tanti miliardi di persone, con ovvie responsabilità per i produttori; l’11 ottobre 1955, in occasione del 60° anniversario della scoperta della Radiotelegrafia invia un Radiomessaggio celebrativo di Guglielmo Marconi agli scienziati intervenuti a Genova al terzo Congresso Internazionale delle Comunicazioni; il 21 ottobre 1955 riceve in udienza i partecipanti all’assemblea generale dell’Unione Europea della Radiodiffusione, ai quali — soffermandosi sugli sviluppi dei nuovi mezzi della comunicazione — ricorda i criteri e le norme d’ordine morale e sociale che devono animare tutti coloro che operano nel settore; il 28 ottobre 1955 riceve un folto gruppo di operatori cinematografici di Italia, Austria, Belgio Francia, Germania, Inghilterra, Olanda, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Svizzera ai quali raccomanda di utilizzare il film quale strumento di elevazione, di educazione e di miglioramento.

La necessità di illuminare il mondo cattolico sui problemi derivanti dai nuovi mezzi della comunicazione sociale, induce Pio XII ad indirizzare alla Gerarchia della Chiesa addirittura una lunga ed articolata Enciclica, la Miranda prorsus dell’8 settembre 1957, tutta dedicata al cinema, alla radio e alla televisione. In tale solenne documento il Pontefice esamina specificatamente i tre mezzi e i loro rapporti con la società. Li elogia quali «meravigliose invenzioni di cui si gloriano i nostri tempi», ma ancora una volta esprime la propria preoccupazione sui pericoli che un uso non corretto delle tecniche audiovisive può costituire per la fede e per l’integrità morale del popolo cristiano.

Pastore di un periodo storico estremamente turbinoso e difficile, tanto che fu definito «il Papa dell’umanità sofferente», Pio XII dedicò generosamente e completamente se stesso ai compiti apostolici, come si può anche rilevare leggendo e studiando tutte le sue Encicliche e i suoi principali documenti pubblicati nella presente opera.

Aperto ai problemi universali, appena ultimata la seconda guerra mondiale il 18 febbraio 1946 creò trentadue Cardinali di tutte le parti del mondo (anche della Cina), con il proposito di manifestare il «carattere soprannaturale della Chiesa e la sua universale unità».

Devotissimo alla Madonna, durante l’Anno Santo, con la Costituzione apostolica Munificentissimus Deus del 1° novembre 1950 definì come dogma di fede che la Vergine Maria, Madre di Dio, fu assunta in Cielo in anima e corpo.

Nonostante fosse debole di salute, svolse la propria attività con grande impegno ed assoluta generosità. Si spense a Castel Gandolfo il 9 ottobre 1958, dopo nove ore di agonia. La sua salma è stata traslata a Roma, in San Pietro, e sepolta nelle grotte vaticane


proRatzinger
00mercoledì 8 ottobre 2008 16:48
Trovo veramente fuori luogo ed incredibili le accuse del rabbino di Haifa, tale Cohen: ma che vada a lavorare, invece di stare a riscaldare una poltrona del Sinodo dei Vescovi, che usurpa in quanto è lì per il dialogo, cui fa fede molto il nostro amato Pontefice Benedetto XVI, mentre lui non perde occasione di dire calunnie.... SI VERGOGNI!!! MALEDUCATO E BUGIARDO!!! [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=x40796] [SM=x40796] [SM=x40796] [SM=x40795] [SM=x40795] [SM=x40795]
Paparatzifan
00mercoledì 8 ottobre 2008 19:20
Re:

proRatzinger, 08/10/2008 16.48:

Trovo veramente fuori luogo ed incredibili le accuse del rabbino di Haifa, tale Cohen: ma che vada a lavorare, invece di stare a riscaldare una poltrona del Sinodo dei Vescovi, che usurpa in quanto è lì per il dialogo, cui fa fede molto il nostro amato Pontefice Benedetto XVI, mentre lui non perde occasione di dire calunnie.... SI VERGOGNI!!! MALEDUCATO E BUGIARDO!!! [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=x40796] [SM=x40796] [SM=x40796] [SM=x40795] [SM=x40795] [SM=x40795]



E' veramente penosa la figuraccia che ha fatto quel rabbino! [SM=x40796] [SM=x40796] [SM=x40796] [SM=x40796] [SM=x40796]

donnaprassede
00domenica 19 ottobre 2008 14:47
Cosa ne pensate del fatto che Papa Benedetto XVI ha deciso di non proclamare Beato Papa Pio XII per non inclinare i rapporti con gli Ebrei?

[SM=g27833]
proRatzinger
00domenica 19 ottobre 2008 18:12
Secondo me non è così, anche se è vero che c'è una certa prudenza nella proclamazione ufficiale. La parola spetta al Papa, anche perchè il Concistoro si è espresso favorevolmente alla beatificazione di papa Pio XII, o meglio al riconoscimento delle sue virtù eroiche che è l'anticamera della beatificazione. Ma deve essere messa la firma dal Pontefice Benedetto XVI e lui ancora non ha firmato. Comunque non è che, perchè gli ebrei storcerebbero il naso, peraltro immotivatamente, Benedetto XVI non firma: in fondo la storia si sa. Vuole solo procedere coi piedi di piombo per evitare le solite polemiche: comuque spero che presto, almeno la diocesi di Roma, potrà venerare con fede il Beato papa Pio XII e sperare che possa diventare S. Pio XII.
[SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811]
donnaprassede
00lunedì 20 ottobre 2008 11:56
E allora se è tutto pronto perchè non firmare?

Perchè andarci con i piedi di piombo?

Secondo me non c'è niente di male, anzi, questo deve essere visto come un grande gesto di rispetto da parte del Santo Pdre nei confronti degli Ebrei.
Sihaya.b16247
00lunedì 20 ottobre 2008 21:02
Re:
donnaprassede, 19/10/2008 14.47:

Cosa ne pensate del fatto che Papa Benedetto XVI ha deciso di non proclamare Beato Papa Pio XII per non inclinare i rapporti con gli Ebrei?

[SM=g27833]



Come disse Orazio nella famosa satira IX "vin tu curtis Iudaeis oppedere?" [SM=g27828] [SM=g27831]

Paparatzifan
00lunedì 20 ottobre 2008 21:55
Strano...

... ma nessuno parla del piano di Hitler per sequestrare Pio XII... E poi dicono che erano amici... [SM=g27834] Io credo che BXVI dovrebbe fare quello che la sua coscienza gli dice: se crede che è giusto firmare, lo faccia! Lui è veramente un uomo libero e si comporta come tale e non penso abbia paura di quello che le belve mediatiche dicano. Ormai sarà abituato agli attacchi.

SIAMO CON TE, PAPINO!!!!
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donnaprassede
00martedì 21 ottobre 2008 11:03
Evidentemente neanche lui (come disse Orazio) vuol mancare di rispetto ai Giudei! [SM=g27828]

Scherzi a parte, se tentenna nel mettere questa firma avrà le Sue buone ragioni, non ci resta che accettarle.
proRatzinger
00giovedì 23 ottobre 2008 19:44
GERUSALEMME (Reuters) - Una fotografia di Papa Benedetto XVI a cui è stata aggiunta una svastica è comparsa oggi su un sito gestito da sedicenti sostenitori del Kadima, il partito al governo in Israele.

Successivamente il fotomontaggio è stato rimosso, e sostituito con una foto di un Papa Ratzinger sorridente mentre guarda piazza San Pietro piena di gente, su richiesta della stessa leader del partito, la ministro della Ester Tzipi Livni, dice il sito "Yalla Kadima".

"Tzipi Livni lo condanna fermamente e stiamo lavorando perché quest'immagine vergognosa venga rimossa. Ci opponiamo fermamente a questa cosa. Non rappresenta Kadima", ha detto il portavoce del partito Amir Goldstein prima che la foto fosse cambiata.

Quello di oggi è solo l'ultimo episodio spiacevole di una controversia sulla santificazione di Pio XII, che fu Pontefice durante l'epoca del Nazismo e della II Guerra Mondiale, da parte del Papa tedesco.

Pio, che sedette in Vaticano dal 1939 al 1958, è stato accusato da alcuni ebrei di aver chiuso gli occhi sull'Olocausto: un'accusa che i suoi sostenitori e la Chiesa negano.

"Yalla Kadima", che si presenta come un sito web di "attivisti e sostenitori" del partito Kadima, ha posto il fotomontaggio del Papa ornato con una svastica accanto a un articolo sulla vicenda della santificazione.

Sabato scorso, il Vaticano ha invitato sia i cattolici che gli ebrei a smettere di esercitare pressioni sulla vicenda della santificazione di Pio.

L'anno scorso, la congregazione del Vaticano che si occupa dei processi di santificazione si è espressa in favore del decreto che riconosce a Pio "virtù eroiche", un passo importante nel processo ecclestastico cominciato nel 1967.

Finora Benedetto non ha approvato il decreto - che serve per accedere alla beatificazione, il gradino precedente alla santificazione - scegliendo d'intraprendere quello che secondo il Vaticano è un periodo di riflessione.

Ratzinger ha ripetutamente difeso Pio XII, affermando che il Pontefice lavorò "in segreto e silenziosamente" durante la II Guerra Mondiale per "evitare il peggio e salvare quanti più ebrei possibile".

Oggi, il presidente israeliano Shimon Peres ha detto: "Se Papa Pio XII aiutò gli ebrei, ciò va provato. Ma se non lo fece, anche questo va provato".
proRatzinger
00giovedì 23 ottobre 2008 19:45
PIO XII: COMITATO EBRAICO PROTESTERA' IN UDIENZA CON BENEDETTO XVI

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 17 ott - La questione della possibile beatificazione di Pio XII verra' sollevata dal gruppo internazionale che cura i rapporti dell'ebraismo con le altre fedi direttamente con papa Benedetto XVI.

L'International Jewish Committee on Interreligious Consultations (IJCIC), guidato dal rabbino David Rosen, verra' ricevuto in udienza dal pontefice il prossimo 30 ottobre. In quell'occasione, secondo fonti vicine all'organizzazione, verra' sollevata anche la questione della beatificazione di papa Pacelli.

Pio XII dominera' anche il prossimo incontro biennale di alto livello tra l'IJCIC e il Vaticano, in programma a Budapest dal 9 al 13 novembre.

Abraham Foxman, presidente della statunitense Anti-Defamation League, ha chiesto all'IJCIC di prendere una ''posizione forte'' con il Vaticano, perche' questo acconsenta ad aprire completamente i suoi archivi dell'epoca della II guerra mondiale a studiosi indipendenti.




proRatzinger
00giovedì 23 ottobre 2008 19:47
Israele sbaglia ad attaccare la Chiesa su Pio XII°
Scritto da Carlo Panella
giovedì 23 ottobre 2008

...Nuovo e dissennato attacco di un esponente israeliano a Pio XII°, oggi Isaac Herzog, responsabile per gli Affari Sociali del governo di Israele ha detto che il Papa non dovrebbe farlo beato, perché papa Pacelli ''durante il nazismo rimase in silenzio. E forse fece anche peggio''. Giustamente il cardinale Montezemolo gli ha subito risposto: «Basta intromissioni di Israele». é dissennata questa polemica che colpisce il pontefice che più sta facendo per il dialogo con l'ebraismo -Benedetto XVI°- a proposito di un papa che ha mille volte meno colpe della chiesa protestante tedesca, che fu un baluardo del nazismo e che spesso collaborò attivamente alla shoà, come ho ricordato in alcuni miei libri, e dei dirigenti delle democrazie occidentali che sapendo ben più di Pio XII° su Auschwitz, a fronte dei messaggi della resistenza interna al lager che chiedeva di bombardare quell'infernale macchina di morte, decisero che non era ''economico'' farlo.
La Chiesa di Roma ha delle gravi colpe nei confronti dell'ebraismo, ma non quelle di Pio XII° e la grettezza con cui molti esponenti israeliani o ebrei europei trattano il tema è sconvolgente.
Serve solo a isolare ulteriormente Israele nel cuore di molti cattolici europei ed è soprattutto indirizzata contro un falso obiettivo (e per di più contro un pontefice che diede mano attiva per salvare migliaia di ebrei).


proRatzinger
00giovedì 23 ottobre 2008 19:56
Questi tre articoli che ho postato si riferiscono alla ignominiosa, sciocca, puerile, cretina, deprecabilissima, dissennatissima, sbagliatissima accusa degli ebrei nei confronti di Pio XII. Sembra solo che Pave the Way abbia capito qualcosa nel mondo ebraico: i più cercano in ogni modo di attaccare il Servo di Dio papa Pio XII, Pastor Angelicus, in modo palesissimo e oltretutto davvero offensivo sia per gli accusati sia per gli accusatori, che passano per gentaglia sciocca e ignorante. Come il Ministro degli Affari Sociali d'Israele Isaac Herzog o il rabbino capo di Haifa, Cohen, burattini dell'anticattolicesimo di una parte, spero di ridotte proporzioni, del mondo semitico. E poi soprattutto basta, BASTA INTROMETTERSI NEGLI AFFARI DI UNO STATO ESTERO, COME CITTA' DEL VATICANO!!! BASTA INTROMETTERSI NEI RITI DI UNA RELIGIONE DIVERSA!!! Già con la preghiera del Venerdì Santo hanno creato un putiferio, ora anche con papa Pacelli, sant'uomo di Dio. Nessun ebreo, nessun islamico, nessun indù, nessun buddista, nessun confuciano, ma anche nessun ortodosso o protestante o svedenborgiano o testimone di Geova può e deve dirci a noi cattolici come pregare. Abbiamo un Papa valido e incredibilmente eccezionale, quale è Benedetto XVI!!!!
Bestion.
00domenica 26 ottobre 2008 13:52



Pio XII, due voci fuori dal coro.
Per Pacifici e il quotidiano israeliano 'Haaretz'
“non è compito del mondo ebraico intervenire sulla beatificazione di Pacelli”


CITTA’ DEL VATICANO - "Non e' compito del mondo ebraico intervenire su vicende legate alla beatificazione o alla canonizzazione di qualcuno. Ci mancherebbe, sarebbe un'anomalia entrare su temi religiosi".
Lo afferma Riccardo Pacifici, capo della comunita' ebraica di Roma, in merito alle affermazioni del ministro israeliano Herzog sulla beatificazione di Pio XII, in un'intervista al quotidiano 'Il Messaggero'.
"Se la beatificazione di Pacelli ha ragioni 'interne' - spiega Pacifici - relative alla fede, noi non possiamo che avere profondo rispetto, ma se vuole dare lustro a questa figura per aver aiutato gli ebrei, allora siamo costretti a prendere una posizione netta, che non e' un giudizio negativo sulla Chiesa. Dobbiamo distinguere l'opera della Chiesa da quella del Pontefice. Io lo dico con gratitudine, pensando a quello che le suore di Santa Marta di Firenze hanno fatto per mio padre, il quale s'e' salvato grazie a loro - conclude il capo della comunita' ebraica - O come i miei cugini che si sono salvati a Tagliacozzo grazie al coraggio di un prete". E che la beatificazione di Pio XII "non e' affare" degli ebrei, e’ anche opinione del quotidiano israeliano Haaretz. "Le minacce" di leader ebrei sul danno che verrebbe causato dalla canonizzazione, dunque, "sono fuori luogo".

E' invece interessante guardare al dibattito interno al mondo cattolico, sostiene Haaretz. Piu' che al comportamento di Pio XII durante la Seconda guerra mondiale, i sostenitori della canonizzazione di Papa Pacelli guardano a lui come figura di riferimento del conservatorismo cattolico: "La sua adorazione e' un dogma centrale per chi crede nella piu' estrema versione dell'infallibilita' papale". Secondo la ricostruzione di Haaretz, da quando e' stato promulgato il dogma dell'infallibilita' papale nel 1870, i diversi Papi lo hanno usato "con prudenza". "L'unica singolare eccezione e' stata nel 1950 quando Pio XII ha decretato l'assunzione della Vergina Maria come articolo della fede cattolica".

Ma "l'infallibilita' continua a causare disagio in molti cattolici e per i conservatori piu' duri la sua canonizzazione e' imperativa per confermare la loro ascendenza sulla Chiesa". "L'attuale Papa Benedetto XVI - continua il giornale - e' giustamente considerato un conservatore, ma e' anche un abile politico che cerca di proseguire lungo un prudente cammino fra le fazioni della Chiesa, tanto che ha fatto infuriare i sostenitori della linea dura non arrivando alla beatificazione di Pio XII, passo cruciale verso la santificazione". Il Memoriale dell'Olocausto a Gerusalemme non dovrebbe essere costretto a cambiare cio' che "i suoi esperti ritengono essere un fatto storico", continua il giornale riferendosi alla controversa didascalia sotto la foto di Papa Pacelli.

Ma "le minacce di leader ebrei sul danno che verrebbe causato dalla canonizzazione sono parimenti fuori luogo". Quindi, "le questioni diplomatiche e interreligiose fra Israele, le organizzazioni ebraiche e il Vaticano, e il dibattito storico su quanto fece il Papa di fronte all'Olocausto, non dovrebbero essere connessi al fatto se Eugenio Pacelli deve diventare San Pio o meno”, conclude il quotidiano israeliano.

Fonte - Petrus -


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proRatzinger
00lunedì 27 ottobre 2008 18:42
Bè bravo Pacifici, anche se la maggior parte degli ebrei non la pensa in questo modo. E soprattutto, non dovreste neache lontanamente schierarvi contro Pio XII quando si va sul piano storico, perchè se quei preti e quelle suore hanno salvato vite umane, vuol dire che dietro a tutto c'era il grande Pastor Angelicus.
Paparatzifan
00lunedì 10 novembre 2008 20:58
Dal blog di Lella...

“I mea culpa di Wojtyla restano solo un ricordo”

intervista a Riccardo Di Segni a cura di Giacomo Galeazzi

in “La Stampa” del 9 novembre 2008

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma: Pio XII è stato «un dono di Dio» come dice il Papa?

«Sicuramente non lo è stato per il popolo ebraico. Non bisogna nominare il nome di Dio invano. A me sembra che in tutta la questione-Pacelli di unilaterale, per usare le parole di Benedetto XVI, ci sia solo la campagna condotta dalla Chiesa per riscrivere il profilo storico di Pio XII. Eppure l'evidenza dei fatti richiederebbe ben altra prudenza. Per esempio, dopo il rastrellamento degli ebrei al ghetto di Roma, il treno dei deportati è stato fermo alla stazione Tiburtina senza che Pio XII spendesse una sola parola per bloccarlo e non farlo partire verso i lager. C’è indignazione nella nostra comunità. Ormai ogni giorno dalla gerarchia ecclesiastica arriva una dichiarazione a favore della beatificazione, ma l’operazione in atto è più vasta e punta adunobiettivo molto più ambizioso».

Quale operazione?

«E’ in pieno svolgimento nella Chiesa uno scontro molto duro tra fazioni, proprio attorno alla figura di Pacelli. La parte della Curia più vicina al Papa sta utilizzando le polemiche su Pio XII per un disegno apologetico globale, cioè per arrivare ad una totale autoassoluzione della Chiesa. In pratica, si vuole sbandierare al mondo che la Chiesa è infallibile, ha sempre ragione e non c’è nulla nella storia ecclesiastica che richieda un meaculpa. Il clima, purtroppo, si è radicalizzato ed è mutato velocemente rispetto all’epoca di Karol Wojtyla».

In che modo?

«Si sta invertendo la rotta intrapresa con quella serie di coraggiosi pronunciamenti, incluso il discorso di Wojtyla alla sinagoga di Roma. Ora prevale l’orientamento contrario, quindi si ribalta il quadro e si dice che la Chiesa è sempre perfetta, non deve chiedere scusa di nulla e non ha mai tradito la sua missione. Si cerca di cancellare con un colpo di spugna tutto ciò che richiede un severo, onesto esame di coscienza. Gli accordi diplomatici del Vaticano con Hitler, i secoli di antigiudaismo, l’intera responsabilità del mondo cristiano durante la Shoah».

Da parte ebraica c’è una campagna anti-Pio XII?

«Noi siamo stati solo spettatori. E’ una disputa interna al mondo cattolico. Anzi, noi avevamo auspicato di pervenire ad un giudizio storico equilibrato, senza pressioni politiche, apologetiche e agiografiche. Non tocca a noi decidere della sua santità, però notiamo troppa concitazione e poca meditazione, mentre noi conserviamo la memoria di verità storiche innegabili».

Pio XII doveva venire al ghetto dopo il rastrellamento degli ebrei come fece a San Lorenzo per i bombardamenti?

«Non doveva neppure arrivare a tanto. Bastava che dicesse di fermare il treno diretto ai campi di concentramento, invece opportunisticamente tacque e il silenzio era il miglior alleato dei nazisti».

© Copyright La Stampa, 9 novembre 2008


Paparatzifan
00lunedì 10 novembre 2008 20:59
Dal blog di Lella...

“Guai a chi si intromette negli affari della Chiesa”

intervista a Andrea Cordero Lanza di Montezemolo a cura di Giacomo Galeazzi

in “La Stampa” del 10 novembre 2008

Karol Wojtyla Benedetto XVI non azzera i «mea culpa» di Karol Wojtyla e prosegue sulla strada della purificazione della memoria, ma non si possono ammettere intromissioni in una questione interna della Chiesa come la beatificazione di papa Pacelli».

Al rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che ieri in un'intervista a «La Stampa» stigmatizzava l'inversione di rotta «apologetica» di Ratzinger rispetto alla mano tesa da Giovanni Paolo II ai «fratelli maggiori», replica seccamente l'arciprete della basilica di San Paolo.

«Pio XII ha salvato un numero enorme di ebrei, tutta la Chiesa lo vuole beato e in Curia non c'è nessuna contrapposizione», assicura il cardinale torinese Andrea Cordero Lanza di Montezemolo che nel 1993 stabilì per il Vaticano le relazioni diplomatiche con Israele.

Benedetto XVI si rimangia i mea culpa di Wojtyla per assolvere l'intera storia della Chiesa?

«Assolutamente no. Ho letto con stupore e dispiacere l'attacco del rabbino Di Segni. Non è affatto vero che Benedetto XVI faccia marcia indietro rispetto al suo predecessore e a quelle richieste di scuse per le colpe ecclesiali. Ogni papa ha il proprio carattere, peculiarità, maniera di agire, ma sul dialogo interreligioso e le grandi questioni di fondo non c'è discontinuità tra i due pontificati. Tanto meno nella valutazione dell'immensa figura di Pio XII. Quanto ha realizzato Pacelli in un difficile ventennio sul soglio di Pietro non può ricevere critiche e opposizioni».

Il rabbino di Roma deplora il «silenzio opportunistico» di Pio XII durante i rastrellamenti al ghetto...

«Chi lo accusa entra in campi di competenza non suoi, mentre spetta ad altri giudicare se dichiarare beato Pio XII. È in corso un processo canonico rigido, duro, complesso. Bisogna lasciar fare a coloro cui compete vagliare l'insieme e assumere la decisione finale. Benedetto XVI dà voce a tutta la Chiesa quando dice che siamo stanchi di questi attacchi. Ci accusano di non aprire certi archivi, ma ignorano che anche lì esistono delle regole. Non si aprono gli archivi prima di un determinato tempo anche per non coinvolgere persone che possono essere ancora vive. Non è serio mettere sotto tiro alcuni aspetti del profilo di papa Pacelli. Un'offensiva che non regge alla verifica dei fatti storici».

Il Vaticano è spaccato tra favorevoli e contrari alla beatificazione?

«Neppure questa affermazione del rabbino ha fondamento. Tutti speriamo di vedere Pio XII beato perché la sua testimonianza è ancora fortissima. La sua Curia era ricca di personalità eccezionali come Montini, Tardini, Ottaviani e anche dalla qualità dei collaboratori si valuta un pontefice. Migliaia di testimonianze dirette lo indicano come strenuo difensore degli ebrei durante le persecuzioni naziste. Ai suoi accusatori, invece della foga ideologica, servirebbe un ragionamento sereno. E poi ogni pontificato va contestualizzato e giudicato con le categorie del suo tempo. All'epoca di Pacelli avevamo una visione del papa molto diversa rispetto a quella dei decenni successivi. La questione è delicata e danno noia queste intromissioni negli affari interni della Chiesa».

Nei rapporti con l'ebraismo Ratzinger si differenzia da Wojtyla?

«No. La purificazione della memoria ecclesiale è stata condotta da Giovanni Paolo con il cardinale Ratzinger come principale collaboratore. E quella stagione prosegue tuttora e si esprime nelle accorate condanne di Benedetto XVI dell'antisemitismo. Le critiche da parte ebraica sono ingenerose e immotivate quanto sono inammissibili le intromissioni di Israele nella beatificazione di Pio XII. Sono giudizi esterni inopportuni che possono disturbare e sembrano voler obbligare il Papa a compiere scelte nel senso voluto. Fare o non fare cause di beatificazione sono questioni interne della Chiesa. Certo il Papa è sensibile, ma disturbano le intromissioni».

© Copyright La Stampa, 10 novembre 2008


proRatzinger
00mercoledì 12 novembre 2008 19:33
Le parole dell'Eminentissimo e Reverendissimo signor Andrea Cardinale Cordero Lanza di Montezemolo siano chiarissime e rispondano colpo su colpo alle illazioni e alle calunnie del rabbino Di Segni. Questo rabbino è troppo in cerca di popolarità mediatica che, magari, invidia al successore di Pietro. Spero che le sue megalomanie si ridimensionano così come dovrebbe ridimensionare la sua linguaccia biforcuta che getta fango sull'Augusta figura del Pontefice Pio XII. Inoltre, le parole del cardinale Di Montezemolo sono veramente adatte e efficaci anche per dei sordi! Spero che Di Segni si ravveda e faccia un pensierino sulle abberranti infamie che contiene il Talmud contro i cristiani: prima di vedere la pagliuzza nell'occhio del vicino, veda la trave nel suo, il rabbino capo di Roma! La Chiesa non può e non deve cedere a ricatti di ogni sorta nè sulla beatificazione del Servo di Dio Pio XII, nè tantomeno sul suo modo di pregare, come è successo con le polemiche sulla preghiera del Venerdì Santo. Sarebbe ora che questi pagliacci ritornino nel circo invece di blaterare parole e stare in luoghi e contesti che non li sono propri, nè tantomeno lo sono mai stati, nè mai lo saranno!!!
Bestion.
00giovedì 13 novembre 2008 13:59




Il Cardinale Angelini difende la memoria di Pio XII:
“Nessuna meraviglia per le accuse degli ebrei
ma Pacelli resta il Papa che sfidò Hitler e il nazismo”


di Giuseppe Massari

CITTA’ DEL VATICANO - Il Cardinale Fiorenzo Angelini, senza ombra di dubbio, rappresenta la memoria storica vivente del Servo di Dio Pio XII. La sua formazione e la sua storia sacerdotale, infatti, sono strettamente legate alla figura del ‘Pastore Angelico’, che conobbe prima da giovane seminarista e frequentò poi, in età adulta, come Maestro delle Cerimonie Liturgiche. Per questo suo legame, per la necessità di fare chiarezza sul pontificato di Eugenio Pacelli, oggi messo fortemente in discussione soprattutto dai rappresentanti delle comunità ebraiche, rivolgiamo alcune domande all'esimio porporato.

Eminenza, su Pio XII sta insistendo più un giudizio storico-massimalista e massonico, quindi schiavo di una certa storiografia atea, o si sta infangando, per il gusto di farlo, tutto l'operato pastorale di un Pontefice che ha servito la Chiesa come non mai?

"Nessuna meraviglia, è la storia di ogni vero Santo. Chi è veramente grande, specialmente davanti a Dio, non può non essere segno di contraddizione. Pio XII resta il Pontefice che ebbe il coraggio di scomunicare il comunismo ateo; che ha sfidato - per compiere il suo dovere di Pastore Universale della Chiesa - Hitler, di contrastare le sue idee, la sua politica di avversione e di distruzione della civiltà europea e mondiale".

Pio XII viene presentato come una figura controversa. Da una parte, lo si accusa di non aver saputo prendere alcune decisioni; dall'altra, lo si definì, per certi aspetti, troppo interventista. Qual è il suo giudizio?

"Pio XII osservava e seguiva le vicende umane con gli occhi della fede, fu un Pontefice, guida della Chiesa Cattolica universale; spiritualmente fu padre e maestro dell'umanità sconvolta e travolta da una guerra e dalle sue conseguenze nefaste, non poteva perciò essere esaltato da rigurgiti demoniaci distruttori di civiltà, di benessere e di ogni altra positiva realtà propria del benessere e della Civiltà che Pio XII eroicamente difendeva".

Eminenza, voglio che Lei spenda alcune parole di commento su quello che scrisse lo storico Renzo De Felice, soprattutto in merito alla definizione: Pacelli è stato un Pontefice "fino al midollo diplomatico".

"Ritengo giusta l'affermazione dello storico De Felice, se vuol significare la prudenza o meglio la saggezza di governo e di azione del Pontefice; se al contrario volesse significare paura, timore o cose del genere, vorrebbe dire non aver conosciuto nulla della vita di Pio XII, che fu uomo di decisioni coraggiose per la difesa e l'affermazione dei diritti, non soltanto della Chiesa, ma del popolo e specialmente della gente priva di protezione e del riconoscimento dei suoi diritti".

A proposito di immanentismo etico e relativismo moderno, due facce della stessa medaglia, quali assonanze di vedute e accostamenti comuni è possibile fare tra Papa Pacelli e Papa Ratzinger?

"La figura di Pio XII è ancora viva nella Chiesa e nel mondo ed è proprio la grande povertà di spirito, di dignità, di cultura, di accortezza e lungimiranza civile e politica del nostro tempo che fanno sentire ‘il mondo più povero’, come ebbe a dire il generale Hisenauer dopo la morte di Pio XII. Se Papa Pacelli fosse stato una persona e una personalità comune, nessuno oggi si interesserebbe a lui, ma è un gigante che pur nella tomba da 50 anni appare vivo, vitale; è ancora maestro e padre, nella persona tetragona e paternamente forte di Benedetto XVI. I Pontefici passano, la Chiesa resta, e misura i tempi e gli eventi non soltanto con calcoli e considerazioni umane ma anche trascendenti".

Fonte - Petrus -


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Pio XII, Kasper getta acqua sul fuoco:
“Nessuno vuole alimentare una polemica”.
E il Rabbino Rosen definisce “intemperanti” le accuse degli ebrei a Pacelli


CITTA’ DEL VATICANO - ''Ho l'impressione che nessuno vuole una polemica. Gli ebrei riconoscono che la beatificazione e' un affare interno alla Chiesa cattolica ma la ricerca storica va avanti e questo e' anche chiaro. Credo quindi che ci sia una discussione piu' pacificata adesso. Certo, sui punti di vista storici ci possono essere diversi problemi e diverse domande. Ma questa e' una cosa normale'': lo ha detto il Cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per l'unita' dei cristiani durante l'incontro in corso a Budapest del comitato internazionale per i contatti ebraici-cattolici. ''La ricerca va avanti.
Ma chi conosce la ricerca storica e oggettiva, va sempre piu' a favore di Pio XII'', ha sottolineato al servizio d'informazione religiosa della Cei il Cardinale Kasper, che rispondendo ad una domanda sul peso della rassicurazione di Papa Benedetto XVI al rabbino David Rosen rispetto ai temi di beatificazione, ha risposto: ''Si', questa e' una cosa buona e importante.

Ho letto poi pubblicamente quanto il papa ha detto domenica scorsa all'Angelus sulla Kristallnacht e gli ebrei sono stati molto riconoscenti. Erano veramente molto commossi dalle parole del Papa che sono state accolte in maniera molto grata''. Riguardo alla richiesta dell'apertura degli archivi vaticani, il Cardinale Kasper ha sottolineato: ''Sugli archivi credo che non se ne parlera' piu' perche' e' stato detto chiaramente che tra 6 o 7 anni i musei saranno aperti e questo e' stato chiarito molto bene dal prefetto Sergio Pagano''. Il Cardinale Kasper e il Rabbino Rosen hanno anche sottoscritto una nota congiunta in cui vengono definiti “intemperanti” alcune dichiarazioni provenienti dal mondo ebraico sulla figura di Pio XII.


Fonte - Petrus -


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Benedicta1983XVI
00giovedì 13 novembre 2008 16:18
Una biografia
Posso segnalare una biografia molto bella e poco conosciuta su PIOXII?

"Pio XII è davvero un santo" edito da shalom, autore don Cionchi.
Porta molte testimonianze interessanti e definisce bene anche il periodo storico
ve la consiglio proprio

WWWWWWW PIO XII SANTO



Bestion.
00giovedì 13 novembre 2008 16:59
Re: Una biografia
Benedicta1983XVI, 13/11/2008 16.18:

Posso segnalare una biografia molto bella e poco conosciuta su PIOXII?

"Pio XII è davvero un santo" edito da shalom, autore don Cionchi.
Porta molte testimonianze interessanti e definisce bene anche il periodo storico
ve la consiglio proprio

WWWWWWW PIO XII SANTO







Ma certo, è sempre utile informarsi sui grandi uomini della Storia, quale appunto fu lo straordinario Papa Pacelli!!! [SM=x40799]

(bene se posti il link esatto e ... grazie) [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811]

Bestion.
00venerdì 14 novembre 2008 12:57
Sacre letture - Pio XII, il Messo di Dio




di Umberto Tarsitano

CITTA’ DEL VATICANO - Il libro “Il Messo di Dio” da me realizzato analizza il rapporto di Papa Pio XII il con i mass media. Il lavoro, pubblicato per i tipi della Lulu, con prefazione di Giulio Andreotti e postfazione di Annalisa Venditti, si sofferma su alcuni aspetti del pontificato di Eugenio Pacelli, per molti poco conosciuti. Sono diversi i documenti pontifici con cui questo grande successore di Pietro si è occupato con interesse del ruolo dei media.

Giulio Andreotti, nella prefazione, sottolinea come questo lavoro “si sofferma in modo particolare sul ruolo e sul rapporto di Papa Pacelli con i mass media e analizza l’impulso dato da questo Papa al retto uso di questi strumenti sia all’interno della Chiesa che nell’intera società. La raccolta che è stata ora curata con saggia capacità selettiva, offre uno spaccato molto incisivo su quella che fu l’eco che i mass media riservarono in quei frangenti al Vaticano e personalmente al Pontefice.

La lettura di queste pagine non solo completa l’informazione, ma costituisce un tassello importante nella ricostruzione della figura di Papa Pacelli”. Il libro è suddiviso nei seguenti capitoli: La Stampa, voce più potente; Per un mondo migliore; L’opinione pubblica sia guidata dalla ragione; La Radio; Il cinema; La televisione; La professione giornalistica; Dalla censura alla recensione; L’Enciclica Miranda Prorsus. In appendice vengono catalogati i discorsi e documenti di Pio XII sulle Comunicazioni Sociali. I documenti di Papa Pacelli in ordine ai media sono diversi. Sono molti gli interventi interessanti tenuti durante le tante udienze. Dagli scritti di Papa Pacelli sulla mondo dei media si coglie un interesse del Papa ad approfondire anche taluni aspetti tecnici e scientifici.

Eugenio Pacelli è stato Papa negli anni più terribili del Novecento. Le aberrazioni dei regimi totalitari, le tensioni a livello mondiale, i cambiamenti epocali vissuti, hanno certamente reso non facile un ruolo così importante. Al tempo stesso, la straordinarietà della persona, dotata di un alto senso di diplomazia e fortemente legata alla visone evangelica della vita, ha fatto epidermicamente incarnare in questo Pontefice non solo il ruolo di Vicario di Cristo in terra ma anche quello di Messo di Dio: Colui - così come dice Dante Alighieri - che è “dal ciel messo”.
Dopo la morte di Papa Pacelli, negli ultimi cinquant’anni, si è assistito ad un dibattito generalmente ideologico. Da una parte vi erano gli accusatori del silenzio di Papa Pacelli nella difesa degli Ebrei, dall’altra coloro che sostenevano un ruolo positivo. Questo dibattito, storico e politico, levava ogni altra possibilità non solo nella lettura pacifica dei fatti ma anche nell’approfondimento dei diversi aspetti di un lungo pontificato, per contribuire a completare l’informazione e la ricostruzione della figura di questo grande Papa. Nel cuore e nella mente della gente, però, non si sono cancellate le immagini importanti legate a Pio XII. Ad esempio il bombardamento del quartiere San Lorenzo di Roma del 13 luglio 1943, quando il Pontefice si macchiò la veste del sangue dei feriti.

Ancora, l’Anno Santo del 1950, che diventò uno dei primi eventi con la partecipazione della grandi masse. Questo lavoro apre un’ulteriore pista: l’analisi del ruolo di un comunicatore, di colui che ha capito il ruolo dei mezzi di comunicazione e che dopo la morte ne subisce le conseguenze negative… Vi è un rapporto costante tra i media e Papa Pacelli. Già suo padre fu tra i fondatori dell’Osservatore Romano. Negli anni in cui fu segretario di Stato, durante il pontificato di Pio XI, con Guglielmo Marconi, ebbe un ruolo determinante per la nascita di Radio Vaticana. Più volte e costantemente incontrò i giornalisti. Si occupò nei suoi scritti di radio, cinema, televisione. Girò un film - “Pastor Angelicus” - in cui illustrava la vita dentro il Vaticano. Analizzò più volte il rapporto delle masse con gli strumenti della comunicazione.

Alla fine del suo Pontificato scrisse l’Enciclica “Miranda Prorsus”, che rappresenta tuttoggi la sintesi della dottrina della Chiesa Cattolica circa la comunicazione. La visione positiva da parte della Chiesa del ruolo dei mezzi di comunicazione si ha grazie a Papa Pio XII. Pacelli, infatti, tracciò la strada alle novità del Concilio Vaticano II anche in ordine alla comunicazione sociale. In un suo scritto, Pio XII riconosceva alla comunicazione “il più prezioso dei servizi sociali”, coniando già nel 1955 il termine che successivamente è stato adottato dal Concilio Vaticano II nella definizione dei media quali strumenti della comunicazione sociale. L’eredità di Pio XII è in parte ancora da scoprire.

Per ciò che concerne i media, buon erede di Pio XII è stato sicuramente Giovanni Paolo II. Sarebbe utile approfondire lo stretto rapporto nell’ambito della comunicazione tra Eugenio Pacelli e Karol Wojtyla. I mass media hanno avuto, dopo la morte di Pio XII, un ruolo di cassa di risonanza di taluni aspetti sensazionali che gli storici di diversa estrazione non hanno condiviso. Gli storici che parlavano a difesa di Pio XII spesso non hanno avuto molto spazio da parte dei media. Il film “Il Vicario” del 1964 ha diffuso l’equivoco di Pio XII quale persona codarda e antisemita, e ha contribuito non poco a sviare la verità. I comunicatori che avranno modo di conoscere gli aspetti del suo pontificato legati al mondo dei media, riscopriranno invece la grandezza di questo indimenticabile Papa.


(Per maggiori informazione sul libro è on line il sito web www.papapacelli.info)

Fonte - Petrus -

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proRatzinger
00venerdì 14 novembre 2008 16:12
Bravissimi! Grazie che ci date libri seri per vere informazioni sull'amato e grande Sommo Pontefice Pio XII! [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811]
Bestion.
00venerdì 21 novembre 2008 12:08
Profezia ed eredità di un pontificato drammatico e difficile





Chi fu veramente Papa Pacelli




di Andrea Riccardi

"Sono un Papa politico e perciò enigmatico" - dice il Pio XII di Pier Paolo Pasolini. E aggiunge: "Della carità so solo, come dice l'autorità, che c'è". Insensibile ai dolori degli uomini, rigido e politico. Questa è l'immagine invalsa da quarant'anni in una parte non piccola della storiografia e della pubblicistica. Ma chi fu Pio XII? Lo storico si incontra con due domande: quella sulla figura di Papa Pacelli, ma anche quella sull'enigma della leggenda nera su di lui. Quest'ultimo interrogativo tocca a fondo il modo di fare storia contemporanea.

Chi fu? Fu un Papa di grande popolarità. Non pochi giovani cattolici di allora ricordano come, alla sua morte, nel 1958, sembrasse impossibile un papa diverso da Eugenio Pacelli. Un grande pontificato finiva. Arturo Carlo Jemolo, storico cattolico liberale, ha concluso: "In quei diciannove anni di pontificato incarnò veramente la Chiesa cattolica". Fu considerato un Papa così grande che si sentì il bisogno di concepire l'idea di un papato di transizione. Lo stesso Giovanni XXIII, nei suoi primi passi, è ancora sotto l'impressione di Pio XII e confessa: "Quando sento parlare del Papa intorno a me(...) per esempio: bisogna dire al Papa, bisogna trattare questo col Papa, eccetera, io penso ancora e sempre al santo Padre Pio XII".
Pio XII fu considerato un grande Papa. Fu il primo Papa dei media e la sua immagine entrò nel piccolo schermo delle case europee e nordamericane. Il suo volto divenne noto, come la sua parola pronunciata in parecchie lingue. Dopo che, con l'Ottocento, la figura del Papa cominciò a essere conosciuta dai fedeli, non più solo un nome remoto e venerato, avvenne un'altra svolta con Pio XII: il Papa diventò un leader pubblico presente nei media. Attorno a lui ci fu consenso, eccetto che nel mondo comunista. Le testimonianze ebraiche alla morte - che vengono spesso ricordate - mostrano una popolarità al di fuori del cattolicesimo. Solo "l'Humanité", quotidiano comunista francese, parlò di silenzi sulla Shoah. Ma la stampa comunista dell'Est e dell'Ovest bersagliava da sempre il Papa come collaboratore del nazifascismo.

Che cosa è successo in meno di dieci anni? Come un Papa popolare è divenuto una figura esecrabile che lasciava una pesante eredità? Il processo revisionista su Pio XII, come è noto, ha il suo catalizzatore ne Il Vicario di Rolf Hochhuth, pubblicato nel 1963, nella linea del teatro politico di Erwin Piscator. Madre Pascalina suggerisce che parte della documentazione provenga dal prelato filonazista tedesco, monsignor Alois Hudal, rimosso da Pio XII. Altri pensano alla documentazione fornita da un ecclesiastico non fedele alla Santa Sede. La rappresentazione de Il Vicario a Broadway all'inizio del 1964 aprì un dibattito negli Stati Uniti. Ma la quasi totalità delle organizzazione ebraiche, soprattutto l'Anti-Defamation League e l'American Jewish Commitee furono su altra lunghezza d'onda: guardavano con interesse prioritario al grande cambiamento che il Vaticano II stava introducendo nei rapporti con gli ebrei. Anzi un esperto della League preparò una brochure in difesa del Papa per il National Catholic Welfare Committee. La tournée americana de Il Vicario fu annullata. Nel volgere di qualche anno, però, l'opinione ebraica avrebbe registrato significativi cambiamenti.
Il clima doveva evolversi anche nell'opinione americana con il processo ad Adolf Eichmann (1960) e con la guerra dei Sei Giorni (1967). La cultura della vittima, oggi così rilevante negli Stati Uniti e altrove, non era amata nel mondo di John Wayne e Gary Cooper. Con gli anni Sessanta molto cambia: le minoranze, le vittime, acquistano un loro rilievo nei confronti delle maggioranze o delle istituzioni tradizionali. Il processo di revisione di Pio XII subisce l'impatto del movimento antiautoritario del Sessantotto: quale istituzione incarnava l'autorità tradizionale meglio del Papato e del Papa che lo incarnò sovranamente?

La revisione coinvolge il mondo dei cattolici. Nel 1964, al momento della sua pubblicazione in Italia presso Feltrinelli, Il Vicario fu introdotto da un noto studioso cattolico, Carlo Bo: Pio XII è "un Papa che si adatta a una società che da troppo tempo è stata abituata a non tener conto delle verità del Vangelo". Il silenzio di Pio XII manifesta una Chiesa in pieno "adattamento" al mondo: "Scegliere la strada del minor male risponde in fondo a uno spirito di adattamento". Bo così rappresenta la posizione del Papa dopo Il Vicario: "La Chiesa non è la principale accusata, è soltanto seduta fra altri sullo stesso banco". Un Papa che si adatta. Eppure negli anni dopo il concilio, una parte del dibattito sulla Chiesa verte sulla necessità di colmare il suo iato con il mondo, adattandosi alla realtà.

Già lo scrittore francese, François Mauriac, aveva scritto negli anni Cinquanta: "Il silenzio del Papa e della gerarchia altro non era che un ripugnante dovere; si trattava di evitare sciagure peggiori. Ciò non toglie che un crimine di tanta ampiezza ricada in parte non indifferente su tutti i testimoni che hanno taciuto, quali che siano state le ragioni del loro silenzio". D'altra parte Mauriac era stato sensibile all'arcivescovo di Parigi, cardinale Emmanuel Célestin Suhard, grande figura, ma vicina a Pétain. Dopo la guerra, il modernista Ernesto Buonaiuti - che aveva conosciuto il giovane don Eugenio, prima del suo distacco dalla Chiesa - aveva scritto sul fallimento di Pio XII nel confronto con le grandi domande della contemporaneità: la difesa dell'immutabilità irrorata dal senso della romanità e l'uso dello strumento diplomatico ne erano i principali ingredienti. Su questa linea, vent'anni dopo, si era mosso anche Carlo Falconi, che, prima di lasciare la Chiesa, era stato vicino a monsignor Giovanni Battista Montini. Prima del Il Vicario esisteva quindi uno strutturato pensiero critico su Papa Pacelli, come realista e uomo fuori dal tempo. Ma, dalla metà degli anni Sessanta, diventò un pensiero di massa, per così dire. La miscela di Concilio e Sessantotto, uno spirito del tempo, ansioso del nuovo e del non istituzionale, trovarono in Pio XII un antiprofeta, un realista dell'adattamento.

La sua eredità diventava imbarazzante per i cattolici alla ricerca del nuovo. Il rinnovamento del concilio, il Papato "profetico" di Giovanni XXIII, l'attesa di un rapporto nuovo con il tempo, motivarono, nel giro di pochi anni, lo slittamento della figura di Pio XII da Papa popolare a simbolo del passato: l'ultimo Papa dell'età costantiniana, sovrano e politico, la cui eredità era da liquidare. Influisce lo "spirito del Sessantotto" non solo con la sua carica anti istituzionale, ma con il senso utopico del nuovo e dei tempi nuovi. Non aveva la stessa Chiesa cattolica, la più antica istituzione d'Occidente, con il Vaticano II, detto la sua volontà di uscire dal vecchio? Bisognava rinunciare all'eredità del Papa-re.
La modernizzazione di Paolo VI negli ambienti vaticani, come strutture, corte e arredamento, non andava nel senso di una dimissione della regalità? Certo le forme dell'autorità di Pio XII erano un po' anacronistiche in un tempo di repubbliche e di monarchie nordiche. Il Papa, nato nel 1876, quasi coetaneo di Stalin nato nel 1879, di Churchill del 1874, apparteneva a una cultura dell'autorità segnata da un "cesarismo" nelle figure pubbliche, per dirla con George Mosse. Gli anni Sessanta anelavano a un clima diverso: Kennedy, Kruscev e Papa Giovanni rappresentavano la volontà di uscire da un mondo della politica tipico degli anni della guerra e della guerra fredda? Pio XII diventò quasi anacronistico. Il Papa del concilio e del futuro non doveva essere come Pio XII!

Paolo VI, che pure aveva innovato rispetto a Pio XII, lo difese costantemente. Fu Paolo VI, nel 1964, a promuovere la pubblicazione dei documenti vaticani sulla seconda guerra mondiale a soli vent'anni dalla conclusione del conflitto. Si trattava di una decisione molto innovativa per i tempi degli archivi vaticani. Tale decisione mostra come l'accesso alle fonti sia decisivo per scrivere la storia della Chiesa proprio nei suoi punti più controversi. La documentazione di altri archivi, come quella dei diplomatici accreditati in Vaticano, per sua natura, non porta alla piena ricostruzione delle motivazioni e alla complessità dell'agire dei responsabili vaticani. Eppure è su documentazione secondaria che viene scritta gran parte di questa storia, perché quella della Chiesa fa parte del più vasto dibattito della storia contemporanea.

La difesa di Pio XII non è stata condivisa da una parte del mondo cattolico, mentre la sua figura è divenuto simbolo del Papa del preconcilio, l'ultimo Papa-re, quello dei tradizionalisti. Intanto si sviluppava una storiografia critica. Giovanni Miccoli, autore di numerose e significative opere in questo senso, ne è forse l'autore più significativo: egli parla di un "anacronismo" di Pio XII, rinchiuso nell'atemporalità. Osserva che Pio XII e la sua Chiesa, bloccati nella loro rigidità istituzionale e ecclesiastica, privi di senso della storia, ossessionati dal comunismo, non percepirono la realtà mostruosa della distruzione degli ebrei e del nazismo. Una parte degli scritti cattolici su Papa Pacelli sono stati caratterizzati da un tono difensivo, espressione dello stupore che un Papa così popolare potesse essere oggetto di accuse di questo tipo.
Sono stato da sempre convinto che la figura di Pio XII sia uno dei principali luoghi storici della Chiesa del Novecento. In questa prospettiva, nel 1983, promossi presso l'Università di Bari un convegno sulla figura di Pio XII, aperto da una relazione di uno studioso di grande capacità critica, Francesco Traniello, che esprimeva il nostro sforzo: "Pio XII dal mito alla storia". C'era infatti "una nuova verità inattaccabile e indiscutibile" su Pio XII, come afferma Sergio Romano, più nell'ordine del mito che della storia. In quell'occasione rilevavo come molti aspetti di questo pontificato fossero elementi portanti della stagione conciliare e postconciliare, mentre i vescovi novatori del Vaticano II fossero in larga parte creature pacelliane. Per questo mi permisi di parlare di "governo e profezia" nel pontificato di Pio XII, perché esiste, in qualche modo, un certo profetismo pacelliano, sorprendente nell'uomo, considerato fino all'elezione saggio, moderato, equilibrato.
Gli uomini, i problemi, la tradizionale continuità, facevano degli anni di Pio XII un luogo storico decisivo per capire il tempo successivo. Purtroppo il dibattito storiografico contemporaneista si muove spesso nell'ignoranza delle argomentazioni e degli scritti. È un dibattito che, nella diversità delle interpretazioni, non tiene talvolta conto delle acquisizioni, anche perché - come notano gli editori - le questioni attorno a Pio XII fanno vendere e sollecitano emozioni, nonostante i tanti anni trascorsi. Così si ondeggia tra la storiografia e la pubblicistica. Si giunge, attraverso storie che non sono storiografia, al paradosso di John Cornwell: "Fu il Papa ideale per l'indicibile piano di Hitler. Fu la pedina di Hitler. Fu il Papa di Hitler". Oppure alle affermazioni di Daniel Jonah Goldhagen, per cui la Chiesa, in quanto erede di questo Papa, è chiamata a un risarcimento materiale, politico e spirituale.

In realtà l'eredità di Pio XII è quella di una storia difficile. I suoi anni sono un periodo in cui la Chiesa si confronta, in grande solitudine, con sfide temibili, come il nazismo e il comunismo che, dopo il 1945, conduce un'opera di distruzione del cristianesimo nell'Est europeo, paragonabile solo alle distruzioni operate dall'invasione islamica nella storia della Chiesa.
La questione comunista è decisiva, perché Papa Pacelli, avverte il presidente Roosevelt del rischio di una presenza di Mosca in Europa e rifiuta l'interpretazione americana di un cambiamento comunista in materia di libertà, significativa coincidenza di visione con Karol Wojtyla. D'altra parte Pio XII, come è noto, non consente che i cattolici nordamericani intralcino la politica di Roosevelt in sostegno dello sforzo bellico sovietico contro la Germania.
Perché il Papa, silente con i nazisti, aveva scomunicato i comunisti nel 1949? Andrebbe ricordato che la storia con i sovietici è lunga e registra anche una fase in cui la Santa Sede tentò di trovare un accordo con Mosca. Pacelli, nel 1925, negoziò con il commissario sovietico Georgij Vasilevic Cicerin a Berlino e poté scrivere al cardinale Pietro Gasparri un parere non pessimistico sul colloquio: "Il Governo dei Soviety, ora per la prima volta e in via di eccezione a favore della Chiesa cattolica, dice di ammettere sul suo territorio la gerarchia soggetta alla Santa Sede, che essa pure riguarda come potere estero". I negoziati falliscono e la situazione dei cattolici in Russia è disperata.

Pio XII, nel secondo dopoguerra, vede come i poteri comunisti vogliano "nazionalizzare" le Chiese cattoliche, rompendo il loro rapporto con Roma e colpendo i vescovi fedeli al Papa, per esercitare un pieno controllo su di esse. In questo clima, soprattutto guardando all'Est, nasce la scomunica, come gesto disperato di denuncia, limite morale a ogni rapporto con i sistemi comunisti, quasi scudo protettivo. L'anticomunismo di Pio XII, scomodo in un'età di negoziati con poteri comunisti, riacquista peraltro un suo valore dopo il 1989.
La personalità di Pio XII è complessa, ma il suo tempo è tormentato. Si è già detto del nazismo, del comunismo e il suo dominio in Europa e in Asia, ma andrebbe anche accennato all'incipiente consumismo con la secolarizzazione, alla fine del colonialismo, ai mutamenti indotti dalla democrazia, allo sviluppo delle scienze. Giovanni Spadolini scrive acutamente nel 1973: Pio XII "non è personaggio adatto ai terribles semplificateurs del nostro tempo; tutto bene, tutto male, tutto destra, tutto sinistra, tutto luce, tutto tenebre". Padre Raimondo Spiazzi, che lo conobbe, ne parla come di una figura poliedrica: una fibra religiosa sensibile, fedele custode della tradizione, capace di immedesimazione in mondi lontani, "a suo agio nel lavoro di ricostruzione di una umanità migliore soprattutto come maestro", ma segnato da limitata "calda spontaneità di movimento e incisività di azione pratica".

Affrontare da un punto di vista storico il suo pontificato è però decisivo per comprendere la vicenda novecentesca della Chiesa. Infatti l'eredità di Papa Pacelli è notevole: i suoi anni hanno avuto un'influenza decisiva, anche perché i quadri della Chiesa nei decenni successivi sono stati scelti e orientati da questo Papa. Nella Chiesa la classe dirigente si sviluppa con un forte senso di continuità, in modo ben lontano dallo spoil system della società politica. Gli uomini di Pio XII hanno fatto la stagione conciliare e postconciliare. Primo Giovanni Battista Montini, stretto collaboratore di Pio XII. Sull'episodio del trasferimento a Milano del futuro Paolo VI nel 1954, sono giunto alla convinzione che non significasse una rottura personale tra il Papa e il suo collaboratore, quanto una sua valorizzazione con l'esperienza pastorale di Milano in un momento in cui quest'ultimo passava un tempo di difficoltà con la curia. Basterebbe pensare a come Montini difese la memoria di Pio XII per le scelte della guerra, in cui era stato direttamente coinvolto - era redattore del messaggio sulla guerra del 1939 - assieme a monsignor Domenico Tardini e al cardinale Luigi Maglione.

L'eredità di Pio XII è notevole. Non meraviglia che si ritrovi tanto del suo magistero nei documenti e nei dibattiti del concilio, divenendo l'autore più citato. Non lo ricordano la Sacrosanctum Concilium sulla liturgia - ma cita solo il magistero fino a Trento -, il decreto sulla vita religiosa, senza note; quello sull'ecumenismo che cita solo due Padri, i concili e la Scrittura; quelli sulle religioni non cristiane e sulle comunicazioni sociali. D'altra parte la Mystici Corporis e la Mediator Dei sono molto utilizzate nella Lumen gentium; la Divino afflante Spiritu ricorre nella Dei Verbum, o le encicliche missionarie nel decreto sulle missioni. Non si tratta di citazioni di maniera per dire la continuità del magistero, ma di una ripresa sostanziosa di problematica e prospettive nella logica di compimento e di sviluppo. Del resto le citazioni di Pio XII sono molte nel magistero di Giovanni XXIII, specie nei primi due anni, mentre si attestano tra le ventuno e le trentasei citazioni nei tre anni successivi. Significativamente Pio XII resta un Papa molto citato anche da Paolo VI, tanto che la sua presenza supera nel 1973, a quindici anni dalla sua morte, il ricordo di Giovanni XXIII.
Il costante richiamo all'insegnamento di Pio XII da parte del concilio e dei suoi due successori può apparire ovvio. Ma c'è anche una continuità di metodo politico-diplomatico della Santa Sede. Eppure su di essi, dagli anni Sessanta, già aleggiava lo spettro dei cosiddetti silenzi. Infatti la questione dei silenzi è divenuta progressivamente una categoria morale applicata in ogni campo. Un capitolo importante della politica vaticana di Paolo VI è il rapporto con i governi dell'Est.
La sua grande preoccupazione è la vita dei cattolici in quei regimi: cerca quindi contatti con i governi per garantire un minimo di vivibilità. Non è una politica entusiasmante per l'antico sostituto di Papa Pacelli, bensì - come la definisce il segretario di Stato Jean-Marie Villot - un modus non moriendi. Ebbene questa politica richiede un cambiamento di atteggiamento pubblico verso il comunismo. Emerge dal silenzio del Vaticano II su di esso o da attenuazioni di tono nelle dichiarazioni del Papa. Quella che è interpretata da taluni settori cattolici come volontà di dialogo con il marxismo, è in realtà un atto di amaro realismo per la curia montiniana. Questo avviene negli anni delle denunce del potere sovietico da parte di Aleksandr Solzenicyn.

Si tratta di nuovi silenzi? La persecuzione dei cristiani non è un olocausto, ma una gravissima violenza di massa che colpisce i credenti dall'Urss all'Europa e all'Asia. Il realismo continua a imporre di modulare gli interventi pubblici anche dopo Pio XII. Sono scelte fatte con la collaborazione di monsignor Agostino Casaroli, formatosi alla scuola del cardinale Tardini, personalità diplomatica non timida, ma realista. Del resto così era avvenuto durante la prima guerra mondiale con Benedetto xv, intervenuto sulla strage degli armeni nell'impero ottomano con vari passi e con documenti al sultano ottomano, ma che aveva difeso fino in fondo l'imparzialità riservata della Santa Sede tra i belligeranti. Solo nel 1978, con l'avvento di Giovanni Paolo ii, il Papa, pur proseguendo la politica di contatto con i governi comunisti, comincia a parlare forte dei "diritti umani".

Al di là delle continuità o discontinuità politiche, il pontificato di Pio XII rappresenta un tessuto di approfondimento dottrinale e pastorale che connette la Chiesa della prima metà del Novecento con quella della seconda metà. Pio XII, che ha passato la sua giovinezza sacerdotale durante la crisi modernista e che è succeduto come sottosegretario agli Affari Ecclesiastici straordinari al capofila antimodernista, monsignor Umberto Benigni, è ovviamente uomo della tradizione e della difesa della dottrina. Tuttavia avverte che nei Paesi di antica tradizione cristiana esistono una crisi e un allontanamento dalla Chiesa: ne parla anche a proposito della sua amata Roma cristiana, definita in un discorso terra di missione in alcune sue parti.

Un piccolo episodio illustra la sensibilità tormentata di Papa Pacelli, custode della tradizione e alla ricerca di un contatto nuovo con la gente. Egli confida ai suoi familiari di aver perduto il sonno nei giorni prima dell'approvazione della riforma del digiuno eucaristico. Le riforme liturgiche vanno nel senso di una restaurazione dell'antico, come per la Settimana santa, ma anche di un adattamento che renda la liturgia più accessibile ai fedeli, come con la messa della sera, la riduzione del digiuno eucaristico e l'introduzione parziale delle lingue volgari in Cina, dal 1949, si può dire tutta la messa in cinese, eccetto il canone.
Adattamento della Chiesa? È quel che Bo rimprovera a Pio XII nei confronti della guerra. Ma l'adattamento promosso da Pio XII è per il rilancio della missione della Chiesa. È l'adattamento che Pio XII richiede ai religiosi, che conoscono un grande sviluppo negli ordini antichi e nelle nuove congregazioni nel Novecento: il punto più alto è proprio negli anni di Papa Pacelli. Il Papa procede alla riforma dei religiosi, sia nella riscoperta del carisma del fondatore, che in una cooperazione più forte con la missione. Ma nascono anche forme di vita religiose nuove, come l'Opus Dei approvata a Madrid nel 1941 e a Roma nel 1946, gli istituti secolari. Si noti anche il rapido itinerario compiuto dalle piccole sorelle e dai piccoli fratelli di Gesù. Colpisce anche l'accesso facile che la fondatrice, piccola sorella Magdaleine di Gesù, ebbe presso il Papa. In realtà - sia detto per inciso - è attestata una certa accessibilità del Papa non solo alle folle cattoliche, ma anche alle singole persone: un giovane piemontese diciassettenne, inquieto sulla sua vocazione, ebbe la sorprendente possibilità di parlarne al Papa, che gli consigliò di entrare dai gesuiti.

Pio XII volve a un rilancio della missione della Chiesa, anche perché sembrava intuirne una crisi da qualche sintomo. Per Papa Pacelli la Chiesa doveva farsi missionaria: ne è espressione la manifestazione più alta e partecipata del pontificato, l'Anno santo del 1950, il proclamato gran ritorno. Dal dopoguerra sono insistenti gli inviti alla mobilitazione. Riccardo Lombardi, il gesuita che anima dal 1952 il movimento per un mondo migliore - tanto influente in America Latina -, è il missus dominicus del Papa, come lo definì Montini. Esitante a condurre una riforma strutturale o a operare cambiamenti, di cui sentiva però la necessità, Pio XII autorizzò il gesuita a mobilitare i cattolici in una prospettiva per lui necessaria. La missione era prioritaria. Permise i preti operai in Francia e poi li chiuse nel 1954, quando gli sembrò si mettesse in discussione il sacerdozio cattolico; ma ne riorganizzò la presenza con la prelatura della Missione di Francia.

Le arditezze apostoliche, nella prospettiva di un rilancio missionario della Chiesa, sono consentite e auspicate, purché si evitino le "false opinioni che minacciano la dottrina cattolica", così si esprime nel 1950 nell'enciclica Humani generis. Il quadro del rilancio della Chiesa va completato accennando alle missioni dove, facendosi erede della linea di attenzione alle culture di Benedetto xv e Pio xi, Papa Pacelli prepara l'impatto con la stagione delle indipendenze che sente prossima. Richiede però - con due encicliche missionarie - un nuovo impegno di tutto il mondo cattolico, che portò a una vasta mobilitazione in questo senso. Durante il suo pontificato, avvenne il raddoppio dei preti nelle missioni - più di 18.000 - mentre i preti africani passarono da poco più di 300 a 1.800. L'ordinazione del poco più che trentenne, monsignor Bernardin Gantin, nel 1957 nella cappella di Propaganda Fide, fatta dal decano cardinale Eugène Tisserant, dal prefetto di Propaganda Fide e dal cardinale Celso Costantini, costruttore della strategia missionaria dal primo dopoguerra, è un evento simbolico di come l'eredità missionaria di Benedetto XV e Pio XI, passando per Pio XII, divenga realtà della Chiesa del concilio e del dopo concilio.

La Chiesa di Pio XII si sente movimento nel mondo, sia nelle società europee che nei cosiddetti mondi nuovi. Deve farsi presente in tutti i modi, perché per Pio XII la radice dei mali moderni è l'assenza di un radicamento in Dio e nell'insegnamento della Chiesa. La Chiesa di Pio XII, il Papa diplomatico, riduce di molto le attese verso la diplomazia e gli Stati, seppur conduce una politica concordataria; in realtà confida soprattutto nei popoli, cercando il contatto con la gente, come nota un testimone della vita di Pio XII. È convinta, dopo la guerra mondiale, di dover proporre una via di civiltà cristiana. La Chiesa è, per Papa Pacelli, non impero ma "educatrice di uomini e di popoli": "Con uomini così formati - dice nel discorso programmatico per il concistoro del 1946 - la Chiesa prepara alla società umana una base, sulla quale potrà riposare con sicurezza".
La Chiesa non è legata a civiltà del passato né a una sola civiltà, non è "inerte nel segreto dei suoi templi", ma cammina guidata dalla "legge vitale - dice Pio XII - di continuo adattamento". Pio XII, con il più ampio magistero tra i suoi predecessori, discute di tutto, anche di temi remoti, e lo fa per mostrare che niente è estraneo alla Chiesa e per condurre questa a vivere in mezzo alle nuove realtà contemporanee. Il vasto capitolo sulla vita, il corpo, la salute, le cure, la riduzione della sofferenza - dove ci furono posizioni innovative - è un esempio di questo atteggiamento del Papa.
Le sollecitazioni, le esigenze di cambiamento, i problemi, sono tanti.
Il Papa assume su di sé tanta problematica, la ricerca di nuove piste, la responsabilità di dare impulso, prefigurandosi non solo come dottore ma anche come profeta. Questo lo fece con fatica di un uomo che il cardinale Tisserant, un po' duramente, considerava "indeciso, esitante". Per Tardini era invece delicato e fragile. Padre Yves Congar, che subì le limitazioni del controllo teologico degli anni di Pio XII, scrive acutamente: "Il grande Papa Pio XII non era certo contrario a ogni cambiamento, ma voleva conservarne uno stretto controllo e l'iniziativa".
L'assunzione diretta di tanti compiti da parte del Papa, a partire dal governo della Segreteria di Stato senza segretario, al contatto con la gente, all'insegnamento e alla profezia, rendono il suo ministero faticoso, talvolta drammatico. Il senso drammatico viene accresciuto dalla percezione delle difficoltà e delle crisi con la persecuzione comunista, la secolarizzazione, le "cose nuove" del mondo contemporaneo. Desideroso di adattare e cambiare, ma preoccupato della portata dei cambiamenti, il Papa traccia, personalmente, la linea, moltiplicando iniziative e interventi. Vuole rispondere ai problemi aperti. Molti dei quali emergono poi con i vota dei vescovi in preparazione al Vaticano II.

In realtà la percezione di Pio XII sullo stato della Chiesa fu drammatica soprattutto nei suoi ultimi anni, segnati dalla malattia. La guerra fu un periodo difficilissimo, ma il lungo dopoguerra fu contrassegnato da una complessità inedita. La sua eredità umana e dottrinale è stata quella di un Papa che si è confrontato con la complessità nella tradizione della Chiesa cattolica, ma animato dall'ansia di raggiungere il mondo. La vicenda umana di Eugenio Pacelli è ricca e significativa, emblematica delle difficoltà e delle risorse della Chiesa del suo tempo. Nel 1954, parlando di Gregorio VII, ricordò il "crollo apparente di tutta l'opera sua", ma poi - aggiunse - "egli apparve il vero vincitore della lotta per la libertà della Chiesa". L'eredità di Papa Pacelli, forse come quella del suo lontano predecessore medievale, pur così diversa, si può cogliere nel tempo e con lo studio.



Fonte: ©L'Osservatore Romano - 16 novembre 2008

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