Papiro di Artemidoro: storia di un falso d'autore

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-francis-
00domenica 2 dicembre 2007 16:44

di Aristide Malnati

Il verdetto sul cosiddetto papiro di Artemidoro è ormai condiviso da tutti i massimi studiosi di scienze dell'antichità: si tratta di un falso clamoroso, redatto attorno alla metà del XIX secolo dall'abile mano di Costantino Simonidis, vero esperto nel fabbricare contraffazioni perfette e difficilmente riconoscibili. E Simonidis, a distanza di quasi di più di 150 anni, è riuscito ancora ad ingannare papirologi moderni come Claudio Gallazzi e Baerbel Kramer, che avvalendosi degli ausili di decifrazione e di analisi offerti dalla moderna tecnologia hanno preso un clamoroso svarione: hanno attribuito il reperto al geografo greco Artemidoro di Efeso (II sec. a. C.) e ne hanno ipotizzato una triplice fase di utilizzo, durata quasi due secoli (e già una simile lunghezza temporale non avrebbe paralleli nella storia degli antichi supporti scrittori, solitamente conservati non più di qualche decennio).
Più di una anno fa l'acribia di Luciano Canfora, luminare antichista, ordinario di Filologia classica all'Università di Bari, ha avanzato sospetti sempre più cogenti sul testo pseudo-artemidoreo, che hanno fatto vacillare la tesi di Gallazzi e Kramer. A distanza di più di un anno le prove a favore della non-autenticità si sono accumulate con contributi scientifici da tutto il mondo, che non lasciano scampo ai due sventurati sostenitori dell'attribuzione iniziale: usi lessicali e linguistici impropri per un autore classico; modi di dire tipici del greco moderno; citazioni di passi di Artemidoro desunte da autori bizantini e da edizioni moderne, che emendavano il testo originale a proprio gusto e che ovviamente il vero Artemidoro non avrebbe mai potuto conoscere. Inoltre dubbi si nutrono anche sullo stile e i nomi degli animali sul "verso" del papiro, che secondo la teoria iniziale sarebbero stati aggiunti in una fase successiva, dopo la decisione del copista di non continuare a redigere il testo iniziato: "Le didascalie contengono errori palesi; tra essi uno è particolarmente rivelatore: l' ‘aigipops', un uccello molto diffuso nel mondo classico, viene denominato con il sostantivo ‘aigilops', ad esso riferito solo dall'Etimologico Magno, una raccolta lessicale del 1.800. E così via", sostiene Canfora e fa notare come anche i volti e le parti anatomiche presenti sul papiro, inizialmente interpretati come opera di allievi di un ‘atelier' di scultori, siano del tutto simili alle tavole dell'Encyclopédie di Diderot e D'Alembert e come una testa riveli un'affinità impressionante con Simonidis stesso: "una sorta di autoritratto", conclude Canfora.
Ma c'è di più: recenti studi comparativi, eseguiti al Museo di Liverpool, dove sono conservati 35 falsi di Simonidis, evidenziano una forte somiglianza tra la grafia del nostro papiro e quelle del ‘corpus' dei falsi; così come simili sono le dimensioni: ragguardevoli in entrambi i casi, in netta antitesi con l'uso scrittorio dell'epoca greco-romana, che riduceva le misure dei rotoli destinati alla scrittura: "questo perché verosimilmente Simonidis si era procurato un ‘corpus' di papiri in ieratico, solitamente di dimensioni più ampie; su alcuni testi si intravedono ancora tracce della scrittura ieratica abrasa", fa notare Canfora.
Di fronte all'evidenza Gallazzi e Kramer tacciono imbarazzati; e soprattutto non producono quell'edizione del testo ormai non più procrastinabile e con la quale essi dovrebbero cercare di difendere l'attribuzione originaria. Intanto il papiro della discordia, acquistato dalla Fondazione per l'Arte della San Paolo per 2.750.000 e già esibito a Palazzo Bricherasio a Torino, continua a promettere scandalo: i suoi proprietari cercano di presentarlo in un'ulteriore mostra, questa volta al Museo Egizio di Berlino: non sarà però facile spingere i responsabili del Museo all'esibizione di un testo, oramai unanimemente ritenuto non-autentico.

Fonte: Il sole 24 ore
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