L'albero di magnolia.

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Guido1610
00lunedì 6 giugno 2005 03:42
L’ALBERO DI MAGNOLIA

Quand'ero piccolo, scoppiata la guerra, per evitare il rischio delle bombe sulla zona di Milano nella quale abitavamo, sfollammo in provincia, a Cambiago, un paesino dov’era parroco il fratello di mia nonna materna. Lì era stato assegnato, novello sacerdote, dal vecchio vescovo, quel sant’uomo del Cardinal Ferrari, e lì era rimasto per obbedienza a lui, rinunciando a far carriera in Curia per restar vicino ai suoi parrocchiani; ricordo ancora la gran festa che tutti insieme gli fecero per commemorare i suoi 60 anni di parrocchia, poco prima che morisse. La casa parrocchiale era enorme, da perdersi, con un mucchio di stanze, alcune misteriose; vi lascio immaginare come correva la fantasia di noi bambini... Ma il posto era fantastico. Una famiglia molto unita, dove ho imparato cosa significa voler bene; un ambiente sereno, da sentirsi protetti, benvoluti; lo zio prete era un uomo all'antica, burbero, tutto d'un pezzo, la più gigantesca testimonianza di fede vera e positiva che io abbia mai avuto; c'era un giardino immenso, con il pollaio, la gabbia dei conigli, una grande voliera dove lo zio allevava piccioni, l'orto, un porticato ampio con la nostra altalena (è lì che ho imparato a fare il pilota della RAF e, facendo lo spericolato per dimostrare il mio coraggio, son volato più volte a testa in giù rompendomi il collo), un mucchio di alberi da frutta; era il luogo della nostra libertà, quello; ci trascorrevamo l'intera giornata, mangiando frutti appena colti e inventando giochi sempre nuovi, una vita da sogno; ma soprattutto ricordo, nel bel mezzo del giardino, un albero gigantesco, una magnolia, guarda caso! Era un albero alto almeno 20 metri, con fronde amplissime; quando fioriva, verso la fine dell'estate, era un incanto, un tripudio di colore e di profumo; adoravo quei fiori dai petali carnosi, li conservavo in una scatola di latta che aprivo di volta in volta furtivamente per godere del loro profumo, finché erano appassiti. Quell'albero era praticamente il simbolo del paese: svettava alto in mezzo ai tetti di quelle casupole tanto che lo si vedeva anche dai paesi vicini; per noi era il luogo del ritrovo: sotto quell'albero si raccoglieva l'intera famiglia nelle sere estive, ed erano i momenti più teneri dell'intera giornata, quando lo zio mi prendeva in braccio e mi riempiva di coccole; ricordo i miei brividi al contatto del mio faccino con la sua barba ispida, il profumo di grappa del suo alito (dopo cena era solito berne un goccio), le sue mani enormi e le sue carezze, e quando si pregava insieme il suo vocione che faceva soggezione a tutti (anche il gatto ne era soggiogato...) e che invece a me ispirava un senso d'affetto e di protezione. Così l'albero di magnolia è rimasto nella mia vita come un simbolo di unità con se stessi, un richiamo ai valori che mi sono stati insegnati, un desiderio di famiglia, di tenerezza e di rispetto, un senso profondo di libertà, il punto focale del mio sentirmi uomo. Sapete una cosa? I miei figli sono la cosa più importante che ho; ebbene, molte volte mi son sognato di ritrovarmi con loro sotto l'albero di magnolia, ed io stavo seduto nella grande sedia di vimini verniciata in bianco che era dello zio prete... Anche con loro, che non hanno mai vissuto in quel giardino ma che m’hanno spesso sentito raccontarne, il sentirsi uniti passa sotto l'albero di magnolia.

Guido


unangelonelcielo2
00venerdì 15 luglio 2005 20:47

BELLO

questo tuo accostamento dell'unità associato ad una magnolia.

danzandosottolaluna
00lunedì 7 novembre 2005 01:54

Leggerò con calma gli altri tuoi scritti. Peccato non incontrarti ancora! [SM=g28002]
orcomansueto
00mercoledì 9 novembre 2005 21:52
[SM=g28002]
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