Io guardo le mani

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Versolibero
00martedì 28 novembre 2006 10:15

Io guardo le mani



Io non guardo gli occhi e i visi della gente, guardo i piedi e le mani.
Trovo che sia un luogo comune dire che gli occhi sono lo specchio dell’anima. Ora direste che è così, che è proprio così, e anch’io credevo fosse così, ma io so che l’anima è la prima cosa di cui uno si disfa, quasi fosse d’ingombro; dicono pure che sia commerciabile, e allora io la immagino, quest’anima, come una cosa su un banchetto del mercato o dietro le vetrine illuminate. Chissà se c’è qualcuno che la compra, magari con gli sconti, altrimenti c’è sempre qualche vecchia soffitta, qualche scantinato in cui depositarla: tutto va bene, magari un ripostiglio, fuorché portarsela dietro come un peso. Che poi ha sempre la tua impronta, il segno esatto delle mani, e ti ripete ciò che hai detto, qualsiasi cosa faccia vi rimane, e non sempre facciamo cose buone, anzi, poche volte ci riusciamo. Sì, anche la coscienza come l’anima è d’ingombro, però a quanto sembra la si riesce a ipnotizzare, e quando dorme sembra che non pesi. Insomma, io nella gente guardo le mani. Come sono le mani, come si muovono le mani. Che poi le nostre non le teniamo ferme, difficile che mentano, le mani.
E anche i piedi, tu vedi un uomo da come cammina. Da come sforbicia le gambe, e se inciampa cosa dice, se impreca, se bestemmia, se sputa, se sorride. Poi qualche volta capita di star fermi ad aspettare. Che so, un tram, un treno, insomma un mezzo che non arriva mai. E allora li vedi, quei piedi, ticchettare e dimenarsi in un ritmico movimento che ti fa innervosire, e allora anche tu incominci con lo stesso convulso movimento: la gamba che si muove, la mano che tormenta l’altra mano.
Perché quel treno tarda, oggi tutto tarda: la macchinetta del caffè che non ha fatto il suo mestiere… - e certo, l’hai avvitata dimenticandoti di metterci l’acqua, e allora l’hai scaraventata nel lavello e sei sceso di corsa per le scale, ti sei precipitato al bar con l’aria da coglione che si sveglierà del tutto tra un’ora se va bene.
Ed hai trovato la fila pure al bar!
Cazzo!, c’è sempre qualcuno prima, c’è chi si sveglia prima e arriva prima, e allora t’appoggi sbilenco sullo sgabello e divori la brioche, e il caffè te lo trangugi così veloce che dimentichi se aveva lo stesso sapore degli altri mattini in cui eri così assonnato, ma dovevi pur correre e arrivare.
Ecco, intanto, lo volessi, non potrei guardarti in faccia, che tanto l’affondi nel giornale. Tranne quando giri pagina. Allora, perché m’hai urtato col piede accenni un mezzo sorriso-mezzo ebete, giusto per chiedermi scusa, oh, signorina, mi perdoni.
Io non so in che modo ne risentirebbe il mondo, se tu non leggessi il giornale. Che poi t’incazzi, anche, e ricominci a muovere convulsamente il piede e quindi io scosto un po’ il mio, e vedo che t’agiti sì, t’agiti con le mani, e nel silenzio del vagone nel primo mattino tiro fuori-borsetta il mio libro di cento poesie, le rileggo per la terza volta e mi accorgo che mi tremano le mani.
Il treno ha fatto la terza fermata. Gente che scende, gente che sale. Anche lei sale. E s’accomoda. Come tutte le mattine.
Adesso non voglio guardarti le mani. Tanto lo so: come tutte le volte chiudi il giornale. Ed ora ti sudano, le mani. Calme. Docili. Vellutate. E indugiano…
Mi giro di scatto, guardo fuori dal finestrino.
Non mi volto.
Guardo fuori, e il mondo sfreccia all’indietro. Tanto lo so: alla prossima scendo. Non voglio più fare lo stesso tragitto. Cambierò turno, orario, treno, e magari lavoro. Tanto lo so, la mia vita è fuori dalle tue mani.
Ho macchie d’inchiostro, sulle mani. Ma tanto lo so, tra poco le laverò, e avrò l’anima in pace.




Rosanna

Caleidos
00martedì 28 novembre 2006 18:13
Io guardo le mani - di Versolibero
****

Certo le mani rappresentano la nostra operosità, le attività pratiche intraprese che senza dubbio sono l'identità del nostro carattere. C'e' tutto un simbolismo legato ai segni, ai gesti, essi diventano un modo di espressione, a sostegno o in sostutuzione della parola. La gestualità infatti costituisce un vero e proprio linguaggio. La nostra autrice predilige osservare proprio i movimenti delle mani e dei piedi, perchè pare che ultimamente l'anima sia diventata oggetto commerciale, facilmente occultabile e l'ossevare l'occhio delle persone non sarebbe sufficiente a svelarne l'indole, ci trarrebbe in inganno.
Nella routine di ogni giorno, all'interno di uno scompartimento, in un breve viaggio in treno verso il lavoro, si consuma l'episodio narrato. I gesti delle mani dei pendolari ci rivelano, aspetti del loro carattere e della loro storia quotidiana, una storia malcelata tra indifferenza, complicità, amore e delusione.

Caleidos
Antonellat
00mercoledì 29 novembre 2006 22:49

non mi sembravi una persona da scrivere "cazzo" [SM=g27824]

bella questa tua veste da narratrice. Io guardo sempre gli occhi e poi non ti dico cos'altro [SM=g27833] ...

un abbraccio
Versolibero
00giovedì 30 novembre 2006 01:08
Re:

Scritto da: Antonellat 29/11/2006 22.49

non mi sembravi una persona da scrivere "cazzo" [SM=g27824]

bella questa tua veste da narratrice. Io guardo sempre gli occhi e poi non ti dico cos'altro [SM=g27833] ...

un abbraccio


Ah ah ah, Antonella! [SM=g27824] non lo dico quasi mai, ma quando m'arrabbio [SM=g27830] dico anche di peggio! [SM=g27816] , e questo Tizio era sulle ventitré! [SM=g27830]

Poi me lo dici in pvt, cos'altro guardi! [SM=g27836]

In quanto alla veste da narratrice, mi vergogno quasi, è una delle rarissime cose che ho scritto.

Grazie, un abbraccione!

Ros
Versolibero
00giovedì 30 novembre 2006 01:11
Re: Io guardo le mani - di Versolibero

Scritto da: Caleidos 28/11/2006 18.13
****

Certo le mani rappresentano la nostra operosità, le attività pratiche intraprese che senza dubbio sono l'identità del nostro carattere. C'e' tutto un simbolismo legato ai segni, ai gesti, essi diventano un modo di espressione, a sostegno o in sostutuzione della parola. La gestualità infatti costituisce un vero e proprio linguaggio. La nostra autrice predilige osservare proprio i movimenti delle mani e dei piedi, perchè pare che ultimamente l'anima sia diventata oggetto commerciale, facilmente occultabile e l'ossevare l'occhio delle persone non sarebbe sufficiente a svelarne l'indole, ci trarrebbe in inganno.
Nella routine di ogni giorno, all'interno di uno scompartimento, in un breve viaggio in treno verso il lavoro, si consuma l'episodio narrato. I gesti delle mani dei pendolari ci rivelano, aspetti del loro carattere e della loro storia quotidiana, una storia malcelata tra indifferenza, complicità, amore e delusione.

Caleidos


Ciao Marco,
come ho appena detto ad Antonella in prosa non scrivo quasi mai, ci ho provato, tu hai fatto un commento impegnato, come sempre [SM=g27824] ed io ti ringrazio,

Un abbraccio,

Rosanna
altrodase
00sabato 2 dicembre 2006 19:11
...ma guarda un pò chi c'era fuori alla stazione, accovacciato con le mani a comprimere il mento, ad osservare te che scendevi dal treno per obliterare la tua corsa e correre a lavarti le mani d'inchiostro blu!

***

Il treno ha fatto la terza fermata. Gente che scende, gente che sale. Anche lei sale. E s’accomoda. Come tutte le mattine.
Adesso non voglio guardarti le mani. Tanto lo so: come tutte le volte chiudi il giornale. Ed ora ti sudano, le mani. Calme. Docili. Vellutate. E indugiano…
Mi giro di scatto, guardo fuori dal finestrino.
Non mi volto.
Guardo fuori, e il mondo sfreccia all’indietro. Tanto lo so: alla prossima scendo. Non voglio più fare lo stesso tragitto. Cambierò turno, orario, treno, e magari lavoro. Tanto lo so, la mia vita è fuori dalle tue mani.
Ho macchie d’inchiostro, sulle mani. Ma tanto lo so, tra poco le laverò, e avrò l’anima in pace.

***

Ladri di lune

Rubo lune alle stazioni
lungo binari morti e valigie colme di rancori
affastellate contro il muro, volgo
sguardi truci al controllore,
adesco mosche ai lampioni e bevo
a fontane d’acqua putrida, lì impavido
dove s’è persa l’ora
piantato come un totem
il mio ricordo sta.

Seguo lancette che non girano
delineo tratti di ombre vaghe, oblunghe,
chino il capo al tuo saluto,
stringo i denti per non mangiare
e le ginocchia al mento premo,
adesso scendi alla fermata, oblitera pure
la tua corsa, ti seguo, arranco,
angeli s’involano dal finestrino
il mio pensiero intonso sta
.


...ancora un abbraccio forte per questo viaggio inconsapevole attraverso le stazioni.

nando

***

"Godiamoci la vita mia Lesbia, e amiamoci e non teniamo in alcun conto le critiche dei vecchi più severi." Catullo
"L’oblio come la furia della tempesta irromperebbe nell’aria" (per gentile concessione dell'autore)

[Modificato da altrodase 02/12/2006 19.13]

dadauuumpa
00domenica 3 dicembre 2006 12:43
beh Ros
tanta carne al fuoco in questo racconto, tanti spunti davvero...

ma piaciuto, perche l'anima che c 'è dientro, appunto, [SM=g27824] , si è fatta sentire....

buona domenica a te infaticabile scrittrice .... [SM=g27822]








Versolibero
00lunedì 4 dicembre 2006 15:04
Ciao Nina, tanti spunti non sviluppati,perché così doveva essere, proprio come nella vita, sfiorand appena le cose, si rimanda a un senso che andiamo a concludere piano piano, e meglio se, alla fine, ciò che si sente è solo il battito del cuore, che mai si dà per vinto...

Grazie del tuo passaggio [SM=g27823] [SM=g27838]

Ros
Versolibero
00lunedì 4 dicembre 2006 15:20
Re:

Scritto da: altrodase 02/12/2006 19.11
...ma guarda un pò chi c'era fuori alla stazione, accovacciato con le mani a comprimere il mento, ad osservare te che scendevi dal treno per obliterare la tua corsa e correre a lavarti le mani d'inchiostro blu!

***

Il treno ha fatto la terza fermata. Gente che scende, gente che sale. Anche lei sale. E s’accomoda. Come tutte le mattine.
Adesso non voglio guardarti le mani. Tanto lo so: come tutte le volte chiudi il giornale. Ed ora ti sudano, le mani. Calme. Docili. Vellutate. E indugiano…
Mi giro di scatto, guardo fuori dal finestrino.
Non mi volto.
Guardo fuori, e il mondo sfreccia all’indietro. Tanto lo so: alla prossima scendo. Non voglio più fare lo stesso tragitto. Cambierò turno, orario, treno, e magari lavoro. Tanto lo so, la mia vita è fuori dalle tue mani.
Ho macchie d’inchiostro, sulle mani. Ma tanto lo so, tra poco le laverò, e avrò l’anima in pace.

***

Ladri di lune

Rubo lune alle stazioni
lungo binari morti e valigie colme di rancori
affastellate contro il muro, volgo
sguardi truci al controllore,
adesco mosche ai lampioni e bevo
a fontane d’acqua putrida, lì impavido
dove s’è persa l’ora
piantato come un totem
il mio ricordo sta.

Seguo lancette che non girano
delineo tratti di ombre vaghe, oblunghe,
chino il capo al tuo saluto,
stringo i denti per non mangiare
e le ginocchia al mento premo,
adesso scendi alla fermata, oblitera pure
la tua corsa, ti seguo, arranco,
angeli s’involano dal finestrino
il mio pensiero intonso sta
.


...ancora un abbraccio forte per questo viaggio inconsapevole attraverso le stazioni.

nando



Nando! Questa volta il treno ti ha portato fin qui? O devo dire che dove c'è una stazione ci sei tu, clochard dell'anima come sei stato definito?
Rileggo volentieri la tua poesia, sai che mi era tanto piaciuta, eh eh quanto mi avrai odiato per le mie pulci, ma vedi, vedi che stai facendo venire a galla il meglio! (Anzi, perché non la posti pure qui nella cartella delle poesie?)
Comunque grazie di esserci, di viaggiare sullo stesso treno, magari eri anche tu a guardare fuori dal vetro opposto, ma forse abbiamo visto le stesse cose, la stessa poesia maltrattata dalla vita che ci gira intorno, e per quante macchie d'inchiostro abbiamo sulle mani, nella luce poetica a cui si tende la nostra anima si rispecchia quello sguardo limpido che invecchiando ci fa sentire un po' bambini... [SM=g27836]






sì...



ma...





da scu [SM=g27818] la [SM=g27832] ccia [SM=g27819] re! [SM=g27828] [SM=g27828]



Ros [SM=g27838]

[Modificato da Versolibero 04/12/2006 15.22]

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