Inizia così

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poeta76
00lunedì 21 novembre 2005 12:24
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La via è centrale, illuminata dalle vetrine dei negozi in ora di chiusura ma che comunque restano accese fino a tarda sera, con l’obbiettivo di conquistare futuri acquirenti sfoggiando capi di abbigliamento di vario genere. Capi di una qualità che spaziano dal modello superiore alla media, che non è certamente alla portata di uno stipendio normale, fino al capo chic esclusivo da boutique di alta classe, per il quale non basta una vita di quello stesso stipendio.
La via è centrale, distesa e diritta, la città è una qualunque, la gente è poca, complici il freddo dell’autunno inoltrato e l’ora tarda, preludio di chiusura dei negozi. I respiri fumettano dalle bocche indifese dal gelo e, molte di queste bocche, sono sormontate da nasi arrossati e da occhi luccicanti, la colpa è di questo freddo, che umido e impietoso fa scempio di tutto ciò.
È incredibile di come le facce siano tutte uguali, in qualunque città, in qualunque angolo di questo mondo, ormai cosmopolita, ci si trovi, sembra di incontrare sempre le stesse persone e sembra che loro incontrino te. Qualunque sia la razza o il colore della pelle, i visi non cambiano, sempre monotonamente uguali, con le stesse espressioni e addirittura sembra leggere sui volti le stesse preoccupazioni, tanto che a volte viene da chiedersi, “ma siamo proprio così anonimi?”
La scarpa nera ed elegante compare all’improvviso, cogliendo la luce della prima vetrina della via che incontra sul suo cammino, lasciandosi illuminare; fascia completamente il piede fin sotto la caviglia con la sua pelle morbida e opaca, il tacco è di quelli a spillo moderatamente lungo, è una scarpa elegante, di classe. Ai lati del collo del piede due tapparelle elastiche che servono a favorire la calzata. Calze velate di seta nera s’inerpicano lungo due gambe diritte, gambe di una donna adulta, le calze vengono interrotte nella loro visione quattro dita più su del ginocchio, è una gonna del loro stesso colore a farlo, una gonna a tubo, corta ma non esageratamente, un capo dal taglio perfetto che fascia la donna con naturalezza ed eleganza, mettendo in evidenza le sue forme ma senza accentuarle troppo. Non è un’indossatrice e lo sa, sa di possedere un corpo piacente ma non perfetto e ne conosce tutti i suoi difetti celandoli con cura ed eleganza. La vita non ha più la linea di un tempo, ma per essere la vita di una donna della sua età è ancora in splendida forma e forse è ancora più sensuale, una sensualità che l’età aiuta ad esistere.
Il maglioncino è sempre nero, di cachemire a collo alto, semplice, nessun ricamo, nessuna scritta, splendidamente morbido. Un cappottino di alpaca nero con bavero di lana lavorata dello stesso colore, rigorosamente di eguale e millimetrica misura della gonna, copre l’abbigliamento sottostante che la donna indossa.
Tutto è praticamente nero: la borsa di cuoio, un elegante bauletto rigido oblungo; i morbidi guanti di nappa che inguainano le mani; i capelli di lei, lisci; luccicanti; adagiati sulle spalle, ed infine, i suoi occhi, neri; brillanti; dall’espressione profonda e intensa e nello stesso tempo decisa e sicura.
L’unica cosa di diverso colore che la donna indossa, è una matinèe di perfette perle a bottone di un bianco intenso, circa sessanta centimetri di circonferenza, a contarle, saranno in tutto una trentina di pezzi che contrastando con il nero abbigliamento sembrano stelle nella notte.
Tutto è quasi perfetto: la bellezza; l’eleganza; il portamento e la sua sicurezza, chissà se davvero è così… tutto così perfetto.
Gli sguardi di quasi tutti gli uomini che la incrociano si posano su di lei, qualcuno lascivo, alcuni ammirati, altri… giudicanti. La donna non sembra nemmeno dare peso ad alcuno di questi sguardi, sono altri i suoi pensieri, riguardano se stessa, la sua vita.
La prima vetrina attira a se lo sguardo della donna. Lei volta la testa nella sua direzione, quasi… come se qualcuno l’avesse chiamata sussurrando il suo nome: < Sabrina! >.
Sabrina si ferma e accompagna il suo sguardo verso la vetrina con la rotazione del corpo facendo leva sulla pianta dei piedi. Compiendo il movimento, fa leggermente strusciare la suola delle eleganti scarpe sul marciapiede, girando se stessa, e i suoi quarantadue anni, sulla sua sinistra.
La gonna plissettata di colore blu scuro, che in quel negozio è stata esposta su di un manichino da donna, è decisamente anacronistica, per non parlare della camicetta bianca che è stata infilata nella stessa gonna, e il pullover del medesimo colore blu scuro, poggiato sulle spalle e annodato sul davanti. Incuriosita, Sabrina, indietreggia di due o tre passi per leggere l’insegna del negozio, pensando che quello era decisamente un tipo di abbigliamento che nemmeno negli anni settanta si usava quasi più, figurarsi nel duemila inoltrato. L’insegna del negozio recita < teen agers >. Sabrina torna nel punto di prima, abbassa lo sguardo per completare la visione del manichino, ai piedi di questo: calzini bianchi corti e arrotolati fin sotto le caviglie e scarpe da tennis di stoffa, basse e bianche con lacci, a terminare il completino da collegiale. Poco più a sinistra un cartello porta impresso la scritta “com’eravamo”. Adesso era tutto chiaro, solo una simpatica trovata per evidenziare i cambiamenti della moda nel giro di pochi decenni, cambiamenti realmente netti.
Gia! Com’eravamo. E tu com’eri, Sabrina? Quella mattina com’eri? Una mattina non meno di vent’otto anni prima… i tuoi quattordici anni…

La scuola e le tue superiori, erano iniziate da pochi giorni, e tu a scuola ci stavi andando, quel giorno. C’eri quasi, mancavano poche centinaia, ma potevi gia leggere distintamente, un po’ per la vista perfetta, un po’ per ricordo visivo, la grande tabella di cartone incerato dal fondo blu scuro, che ne indicava la struttura.< ISTITUTO MAGISTRALE STATALE >.
Abbracciavi a te i pochi libri tenuti da una cinghietta elastica, quasi a coprirti il seno che da poco aveva cominciato a prendere forma e a turbare i tuoi pensieri la sera, quando prima di andare a letto eri solita specchiarti. Avevi da un po’ l’abitudine di prendere mentalmente nota dei cambiamenti del tuo corpo, guardandoti allo specchio, tutte le sere. Cambiamenti veloci che ti sorprendevano e ti turbavano, manifestando la tua adolescenziale inquietudine. Cambiamenti che stavano mutando il tuo corpo delineandone le forme e pensavi che questo mutamento coinvolgesse anche il tuo io. Anche se non sapevi bene perché, eri sempre stata stranamente convinta che certe cose non ti sarebbero mai accadute, ma il tuo seno si gonfiava sempre di più e non era l’unica cosa che variava del tuo corpo; che vergogna.
Camminavi abbracciando a te i tuoi pochi libri quella mattina, camminavi a passo moderatamente svelto, orgogliosa di te, della tua giovinezza, dei tuoi capelli morbidi e lucenti che tanto ti piacevano e, ad ogni passo, la gonnellina plissettata blu scuro, allargava le sue pieghe quasi svolazzando.
Ti eri scelta una scuola un po’ noiosa, ma sognavi di fare l’insegnante e iscriverti a quel tipo d’istituto era il primo passo che avevi dovuto compiere, nessuno a casa ti aveva ostacolata, nessuno aveva neanche tentato di consigliarti uno studio diverso, avevi preso la prima decisione importante per la tua vita, in modo del tutto autonomo, mentre invece altre tue compagne si erano viste imporre studi diversi da quelli che avrebbero voluto, oppure si erano lasciate condizionare. “Per il loro bene!”.
Andavi fiera di questo, era stata un cosa che ti aveva fatto sentire importante, come se da un giorno all’altro fossi di punto in bianco diventata adulta, e adesso ti sentivi più responsabile.
Camminavi verso la scuola orgogliosa di te, pronta a dare sempre il massimo, l’orgoglio ti impediva anche solo di pensare che non ce l’avresti fatta, dovevi dimostrare che la tua scelta era stata quella giusta, e volevi confermarlo con i fatti. Ogni giorno ti ripetevi che avresti dimostrato di meritare la fiducia che ti era stata tacitamente accordata, volevi essere la prima, la migliore.
Il “ciao” si fermò qualche metro più avanti di te, e il ragazzo che lo guidava si voltò a guardarti. < Oddio! > pensasti, < uno in motorino. Sarà almeno della 4° > sentenziasti riferendoti alla scuola. Continuasti a camminare, mentre con un solo sguardo l’avevi gia fotografato: biondino, capelli lunghi, occhi chiari, carino e vestito niente male, con jeans, camicia di flanella, chiodo di pelle nera e stivali neri a punta. Alla moda.
Arrivata alla sua altezza e lui ti parlò: < Scusa, ma non sapevo che ci fosse un collegio da queste parti, è li che stai andando? >
Ti fermasti e lo guardasti per capire cosa diavolo stesse dicendo, e lo facesti con gli occhi. Lui capì la tua silenziosa domanda e indicando con un movimento del capo il tuo abbigliamento disse: < non è una gonna che portano le ragazze dei collegi quella? >
Una collegiale?! Ti aveva scambiata per una collegiale?!
Ma lui subito aggiunse: < Ma dai…scherzo, lo so benissimo che sei del magistrale, ti ho gia vista! Sei del primo anno. >.
Il tuo si alla sua affermazione era tra l’imbarazzo e la rabbia, ma poi decidesti di rispondere al suo sorriso così carino, sorridendo anche tu.
< Senti, > incalzò lui < io mi chiamo Luca e tu? >
< Sabrina. >
< Ma davvero? Come mia sorella! >. Disse Luca, sorridendo ancora con i suoi denti bianchissimi.
< Non ti credo, dai… > replicasti sicura che ti prendesse in giro.
Ma lui ti convinse dicendoti:< non mi credi? Festeggia l’onomastico il ventinove gennaio. >. Qualche secondo di silenzio sottolineò il tuo imbarazzo e Luca infierì aggiungendo: < Allora? Adesso mi credi? >.
Era vero. Era il giorno di Santa Sabrina. < Si, scusa se ho dubitato. >. Rispondesti rossa di vergogna.
< Non importa. > disse Luca. < È da qualche giorno che speravo di vederti, volevo conoscerti, ti avevo gia notata il primo giorno. Io sono all’ultimo anno. >. Ti disse informandoti.
Adesso sembrava lui leggermente in imbarazzo. Lo confermò mentre riavviava il motorino, dicendo: < Ora è meglio che andiamo, rischiamo di arrivare in ritardo e non ci fanno più entrare. Ci rivediamo presto. Ciao. >. Quasi urlò accelerando.
“Carino...carino e anche simpatico”. Pensasti sorridendo leggermente.
Il tuo sorriso Sabrina, il tuo sorriso leggero, appena accennato. Più in la nel tempo, avresti scoperto il suo potere e avresti constatato quante persone si sarebbero arrese ad esso e in tutti i modi, nel corso degli anni.
Il giorno dopo, all’uscita di scuola, incrociasti di nuovo lo sguardo vivace di Luca mentre si fermava di fronte a te salutandoti.
Il fatto che un ragazzo dell’ultimo anno, ti prendesse in considerazione non ti esaltava, non ti andava di emettere gridolini di gioia con le tue amiche, solo perché uno di qualche anno più grande si era accorto di te, la ritenevi una cosa sciocca e quello che per te era una cosa sciocca, a torto o ragione, era automaticamente escluso dalla tua vita. Anche le tue compagne di scuola erano sciocche in quel momento, mentre poco distanti da te, bisbigliavano e sorridevano maliziose alle spalle di Luca che ti stava parlando. Le potevi vedere che si coprivano, in modo infantile la bocca con la mano, per il timore che qualche parola potesse volare via e spettegolavano tra di loro. Sembravano un gruppo di dispettose scimmiette che si spulciavano a vicenda, come quelle di un documentario che avevi visto alcune sera prima in televisione.
Luca sembrò accorgersi che tu eri distratta da qualcosa che stava avvenendo alle sue spalle, fece per voltarsi ma tu avesti la prontezza di evitare una brutta figura e, richiamasti la sua attenzione su di te, chiedendogli: < Come ci si sente ad essere all’ultimo anno? >
< Quasi libero. >. Rispose lui sorridendo, < Che ne dici se ti accompagno a casa o almeno per un pezzetto? > aggiunse.
< Ti ringrazio ma non posso, se i miei vengono a sapere che sono salito su quel coso, mi tengono a casa per una settimana, > dicesti indicando il motorino di Luca. < e poi non è che a me vada molto di salirci. Scusami >.
< Nessun problema, > Disse Luca. < vuol dire che andremo a piedi, il motorino lo lascio qui, torno dopo a prenderlo. >.
Così v’incamminaste. Luca lasciò i suoi libri nel piccolo porta pacchi di metallo del motorino, legati saldamente con una cintura, e tu, come sempre, i tuoi libri li stringevi a te, tenendoli sempre alla stessa altezza, come uno scudo a difesa della tua persona.
< Ma lasci i libri lì? >. chiedesti un po’ incredula.
< Certo. Chi vuoi che li tocchi? Anzi, è molto probabile che quando torno ne trova anche qualcuno in più. >. Rispose ridendo.
Tu non l’avresti fatto mai, Sabrina. I tuoi libri delle superiori, così nuovi, profumati di stampa fresca… erano la cosa più importante per te in quel periodo. Ma quanto gia ti batteva forte il cuore quel giorno Sabrina? Perché? Forse per la novità? Perché d’improvviso qualcuno ti aveva notata come una ragazza e non come una bimba? All’improvviso ti sentisti arrossire e mentre riflettevi su questo, pensasti che forse Luca non aveva guardato il tuo viso il primo giorno, ma aveva notato il tuo seno che cresceva. Che vergogna.
< Cos’hai? >. Ti chiese all’improvviso < Non dici nulla, forse non ti va la mia compagnia? Se vuoi ti lascio in pace. >.
< N…no, scusami. Non è questo, stavo pensando. >
< E a cosa? >
< Scusa, hai detto che mi hai notata il primo giorno e che volevi conoscermi. >
< Si! È così, perché? Ti sembra strano? >
< Beh…dal primo giorno sono passate due settimane... >
< Lo so. Ho capito, ti stai chiedendo perché ci ho messo tanto? >.
Non rispondesti, lui continuò: < Ho aspettato il momento che mi è parso più adatto. È che tu non sembri come le altre, sei davvero carina, hai un viso così dolce, mi piaci molto, però te ne stai sempre in disparte, per affari tuoi e…insomma, ho cercato di capire se lo facevi per non essere disturbata da nessuno o se è perché ti piace startene da sola. Sei…come si dice? Riservata? >.
Dolce, aveva detto che eri dolce e davvero carina, nessuno l’aveva mai fatto, ma del resto nessuno più grande di te, di tanto più grande di te, ti aveva mai parlata o presa così in considerazione in questo modo.
Decidesti di darti un contegno più da adulta dicendo: < Allora se me lo chiedi vuol dire che non l’hai capito. >
< No, credo proprio di no. Ma mi piacerebbe molto. Credi che ci riuscirò? >.
Luca era così, a tratti bullo e sfacciato, altre volte timido e dolce, anche troppo dolce. Con il tempo avresti capito molte cose di lui.
< Non lo so Luca, a volte non mi capisco nemmeno io. > e per dirgli questo ti fermasti per girarti verso di lui. Gli sorridesti e lui anche.
Quel giorno parlaste di molte cose, lui ti raccontò di lui, della sua famiglia, un po’ delle loro abitudini. Tu gli dicesti un po’ di te, che eri figlia unica, che tua madre era anche tua sorella, di come i tuoi erano severi ma comprensivi. Gli confidasti che il tuo sogno era insegnare. Parlaste delle cose che vi piacevano e qualcuna era in comune. Il mare, per esempio. Il mare piaceva molto a tutti e due e tu in particolar modo amavi nuotare e spesso immergerti. Non esisteva per te niente di più affascinante, di più magico, del mare sotto il pelo dell’acqua, e mentre ne parlavi a Luca con entusiasmo, lui era lì, fermo ad ascoltarti a bocca aperta, rapito da quello che dicevi e da come lo facevi e i suoi occhi brillavano, mentre ti guardava.
T’interrompesti all’improvviso rimanesti a guardarlo, poi bofonchiando la scusa che eri quasi arrivata lo salutasti, e ti voltasti andandotene, mentre il cuore sembrava impazzito e la testa sembrava aprirsi per i troppi pensieri che in quel momento c’erano dentro.
“Devo essermi ammattita!” ti ripetevi “completamente ammattita”.
Entrasti in casa a testa bassa, avevi paura che tua madre-sorella, ti leggesse nella mente e nel cuore. Nemmeno tu riuscivi a capire quale dei tuoi due organi era più in tumulto. Com’era possibile? Lo conoscevi appena, da solo poche ore e gia...?
Tentare di studiare quel pomeriggio fu perfettamente inutile. Come una palla da tennis, il tuo sguardo rimbalzava ora sul libro di italiano aperto davanti a te sulla scrivania, ora sul piatto, contenete una fetta di pane e nutella, merenda di quel giorno, che tua madre aveva poggiato sulla stessa scrivania non meno di due ore prima.
Continuavi a rigirarti tra le mani una penna e le tue azioni erano, o dondolarti in equilibrio all’indietro sulle gambe posteriori della sedia, o scarabocchiare disegnini e lettere sul quaderno davanti a te e, la lettere preferita, era guarda caso, la elle.
Parafrasando il titolo di un film sullo sbarco in Normandia, visto poche sere prima in televisione, chiamasti quella tua giornata, “ Il giorno più lungo”.
Ti chiedevi se era proprio così, se eri proprio come Luca ti aveva vista: riservata o addirittura solitaria? È questo allora quello che pensavano di te? Era questa l’impressione che davi?
Ti affrettasti ad andare a chiederlo alla tua sorella-madre.
< Secondo te…do l’impressione di essere una solitaria? >.
Tua sorella-madre ti guardò con un’espressione divertita, quasi ironica. Di certo aveva capito che qualche crisi esistenziale, forse la prima ma non ultima, era in corso, e ti disse: < Allora è questo? >
< Questo cosa? >. Gli chiedesti.
< Sabrina, >. Disse tua madre-sorella, < Alle quattro ti ho portato la merenda, non l’hai nemmeno guardata, nemmeno mi hai risposto quando ho chiesto se preferivi qualcosa per cena, non mi hai ringraziata di averti portato la merenda e per ultimo, ma non per ultimo, sul tuo quaderno ho visto solo scarabocchi, e sinceramente, mentre i tuoi occhi erano oltre la finestra di camera tua, ho pensato che non eri tu, ma una marziana e che guardavi fuori nell’attesa di un’astronave che stesse venendo a prenderti. >. Poi continuando a sorriderti con benevolenza, ti prese ambo le mani con le sue e ti condusse a sedere sul divano, si sedette accanto a te e continuò: < Sono stata anch’io una ragazza come te, è chiaro che qualcuno ti ha insinuato senza volerlo questo dubbio. Certamente non si tratta di una tua compagna di scuola, ti conosco e so che non ti sarebbe importato nulla, quindi se non è zuppa è pan bagnato. Dimmi è carino? E come si chiama? >.
Due domande a bruciapelo, improvvise. Ma come aveva fatto a capire tutto così? Abbassasti lo sguardo imbarazzatissima, avresti voluto sprofondare sotto terra.
< Coraggio piccola mia, va tutto bene, è tutto normale, non c’è niente di cui vergognarsi. È nella tua stessa classe? >.
Tacere non serviva più, “mi legge nella mente” pensasti” l’ho sempre sospettato!”. Scuotesti la testa per un no.
< È più grande allora, bene! >
< Come bene? >. Chiedesti tu sorpresa.
< Ma Sabrina, non c’è nulla di male, credimi, mi sarei sorpresa del contrario. Raccontami tutto dall’inizio, vuoi? >.
Cominciasti dicendole come si chiamava e non ti fermasti più, tutto divenne improvvisamente facile e riusciti a confidarti con lei come sempre, come in qualunque altra occasione, come fosse una cosa come un’altra e, di parlare, ne avevi un gran bisogno, quel tardo pomeriggio.
Tua madre-sorella sorrideva benevola, regalandoti di tanto in tanto qualche carezza, mentre tua sorella-madre ammiccava, complice.
< Stai crescendo, piccola mia. >. Disse tua madre-sorella quando smettesti di raccontarle tutto. < Stai crescendo in fretta. Voglio darti un consiglio e senza crearti timori. Sei molto bella e lo diventerai ancora di più, molti uomini ti aduleranno e corteggeranno, quelli che però vedranno la tua parte più bella, cioè quella che ognuno di noi si porta dentro, potrai contarli sulle dita di una mano. Quel tipo di uomo ti darà le soddisfazioni più grandi, saprà apprezzarti a pieno per quella che sarai e se lo meriterai, e non apprezzerà solo il tuo corpo. Nello stesso tempo però, sarà anche l’uomo più pericoloso, perché saprà guardarti dentro, e se quel tipo d’uomo vorrà farti del male, sarà quello che più di tutti ci riuscirà. >.
Poi, sorridendo rassicurante, tua sorella madre aggiunse: < Ma nello stesso tempo, non saprà con chi avrà a che fare. Prevedo una dura lotta. >
< Cosa devo fare? >. Chiedesti quasi supplichevole.
< Vivi questi momenti, li ricorderai per sempre e saranno i tuoi più dolci e teneri ricordi. Non buttarti via e tieni sempre presente una cosa senza mai dimenticarla, di tutti i giorni che vivrai, di tutti i momenti, di ogni piccolo istante delle tua vita, nemmeno uno tornerà >. Detto questo, tua madre-sorella ti accarezzò ancora una volta la guancia con la mano sinistra come a rassicurati, e prima di alzarsi per tornare ai suoi fornelli, ti diede un bacio sulla fronte.


Ancora adesso te lo chiedi, Sabrina. Sei riservata? Solitaria? In realtà sei molte di queste cose: scontrosa, asociale, chiusa, prevenuta. Tutti e tutte devono starti lontano, solo pochissime persone hanno il permesso di entrare all’interno del tuo recinto di attenzione e diffidenza, una diffidenza spesso esagerata che non ti ha portato niente di buono ma che a te sta bene così. Ti sei sempre ripetuta che prevenire è meglio di curare.
La gonna plissettata è ancora lì, nella vetrina, e il manichino che la indossa, guardandoti sembri chiederti “non vorrai mica comprarla?”
La compreresti; Sabrina, la compreresti e come! Se avesse il potere di farti rivivere uno solo di quegli istanti, uno di quelli che non tornano. Quale ricordi di più? Qual è il più bello? Il primo bacio? No… troppo banale, troppo scontato. Il più bello e tenero, il più dolce di tutti, forse è proprio il primo non bacio.

Da qualche giorno ormai, tu e Luca, eravate coppia fissa. Ogni momento, ogni istante era buono per stare insieme, ogni pretesto era valido. Trovavate le scuse più assurde e banali anche a voi stessi perché questo accadesse, tanto che le male lingue invidiose, vi avevano soprannominati Liz Taylor e Richard Burton, che in quegli anni non facevano altro che divorziare e risposarsi ma tutto questo non vi sfiorava nemmeno, vivevate la vostra spensierata allegria senza curarvi di nessuno.
Fu in uno di quei giorni; Luca come al solito ti accompagnò per un tratto di strada, aveva preso l’abitudine di portare con se il motorino, spingendolo, così non si vedeva costretto a tornare indietro a piedi da solo fino a scuola per recuperarlo. Come sempre parlavate, come tutti i giorni scherzavate e, come al solito, farcivate questo con brevi momenti di silenzio ma che a volte facevano più rumore di una folla.
In uno di questi momenti un po’ più lungo dei soliti, Luca cominciò a sporgersi verso di te, tu abbassasti gli occhi, il tuo cuore cominciò a battere come un martello pneumatico, e sentivi anche quello di Luca distintamente che non era meno rumoroso del tuo. Stava per succedere, tra poco le sue labbra si sarebbero poggiate sulle tue, l’stinto ti portò a chiudere gli occhi. Stavi per ricevere il primo bacio, e stavi per riceverlo da lui, da Luca, la persona dalla quale lo volevi. Ormai sentivi il suo respiro vicinissimo al tuo, sentivi che i due respiri si confondevano, diventavano uno il respiro dell’altro. Sentivi il suo calore vicinissimo che quasi ti bruciavano gli occhi da sotto le palpebre, come quando, in cucina, aiutavi tua madre a tagliare le cipolle. Non volevi altro che essere baciata da Luca, fermasti il respiro e insieme a lui ti sembrò che si fermasse anche il battere del tuo cuore.
Ma…arrivò all’improvviso, l’unico breve istante d’indecisione arrivò e ti rapì e la paura prese il sopravvento. Spalancando gli occhi ti abbracciasti a Luca buttandogli le braccia al collo, lo stringesti forte a te e nell’orecchio gli sussurrasti. < No Luca. Non farlo. Ti prego >.
Le tue gote erano infiammate e le gambe sembravano non reggere il peso del tuo corpo. Ti sentivi morire dalla vergogna, che figura. “Adesso lui mi dirà che sono ancora una bambina”. Pensasti.
Aspettavi solo che da un momento all’altro ti allontanasse da se per dirtelo, per dirti che con te aveva solo sprecato il suo tempo e poi sarebbe andato via lasciandoti lì come meritavi, da sola.
E invece Luca continuò a stringerti, dolcemente. Poi dopo un tempo infinito disse: < Non preoccuparti, Sabrina. Non è successo niente e niente succederà finché non lo vorrai anche tu. >.
Lo stringesti ancora più forte e con quel po’ di voce che l’emozione ti permise di trovare, gli dicesti un flebile: < Ti voglio bene… >.

Quelli che seguirono furono mesi stupendi, il sole splendeva dentro di te, la tua gioia di vivere era straripante e spesso contagiosa.
Il primo bacio, quello importante, poi c’era stato e molti altri l’avevano seguito.
L’anno scolastico fu pieno di soddisfazioni ma non mancò qualche piccola amarezza, che però nel complesso non fece testo.
Tra le traduzioni di latino e l’impegnativo studio dei classici, un pensiero per Luca sgattaiolava quotidianamente fuori dalla tua camera, durante gli studiosi pomeriggi. Magari ti faceva sorridere quel piccolo gesto di tenerezza, che ti aveva rivolto salutandoti poche ore prima accompagnandoti a casa, oppure toccavi leggermente le labbra con un dito, come per riassaporare le sue di un tenero bacio, appoggiate sulle tue.
Chi era Luca, o cosa sarebbe stato per te in seguito, te lo chiedevi spesso. Ti chiedevi sempre se si trattava di quel “primo amore che non si scorda mai” di cui tanto avevi sentito parlare, oppure se si trattava di qualcosa di sconosciuto di cui eri curiosa. E tu cos’eri per lui? Cosa rappresentavi? Oltre i baci e qualche piccola carezza da parte sua, non vi eravate mai spinti, eppure a volte avresti voluto, anche se il terrore delle conseguenze ti attanagliava.

Quelli che seguirono furono mesi stupendi, il sole splendeva dentro di te, la tua gioia di vivere era straripante e spesso contagiosa, ma passarono in fretta, giunse il periodo delle vacanze, l’anno scolastico si chiuse e dopo pochi giorni Luca partì.
Come tutti gli anni Luca andò a casa dei nonni, in quel paesino del quale nemmeno ricordi il nome ma così lontano che ti sembrava impossibile, che qualcuno ci potesse mai arrivare. Pensasti questo quando scopristi la sua posizione sull’atlante.
< Appena torno ci vediamo, > ti disse Luca < qualche giorno prima che inizi l’università mi resterà e potremo stare un po’ assieme. > e così non ti restò altro da fare che aspettare.
I tuoi giorni di ferie al mare, passarono lenti, ma furono anche divertenti, l’assenza di Luca non ti pesava, vi eravate appena salutati con una promessa e questo ti faceva stare allegra, anche se spesso ti mancava, ma la sua mancanza non sarebbe durata molto.
Poi le tue ferie al mare cessarono, passò luglio ed anche agosto, il telefono non aveva mai squillato per te, o perlomeno, non era mai stato Luca a farlo squillare. Lui cominciò a mancarti e tanto, e tu, soprattutto di sera, ti sentivi sempre più sola, gli scarabocchi si moltiplicavano riempiendo intere pagine di solitudine, e i tuoi silenzi ti accompagnavano, ti confortava solo il pensiero che a breve, (appena torno ci vediamo) come Luca aveva promesso, sarebbe tornato da te. Ormai si era a settembre ed entro pochi giorni l’avresti rivisto, più si avvicinava il momento che credevi la data del suo ritorno e più ti sentivi agitata.
Lo rivedesti qualche anno dopo, assieme a quella che doveva trattarsi della moglie e ad un suo probabile figlio, nemmeno ti riconobbe incrociandoti per strada, eppure ti guardava mente vi avvicinavate e tu non eri tanto diversa da allora, ma lui si che lo era, capisti che era diverso dentro o forse che era esattamente lui quello vero, il vero Luca, quello che tu non conoscevi, quello che tu non ti attendevi che fosse, e vedesti una persona vuota.
Per Luca non fu così, ma inaspettatamente, quel giorno incrociasti proprio lui, e ti trovasti a rivedere in faccia il tuo primo…sofferto, silenzioso; vigliacco addio.

flora2
00lunedì 21 novembre 2005 14:43
su carta
caro Max,
per leggere mi sono permessa di stampare su carta, io ho bisogno del contatto fisico con i fogli e del profumo delle pagine per gustarmi la lettura e farmi scendere le parole fino al cuore.

Flora
Caleidos
00sabato 26 novembre 2005 17:55
Inizia cosi' di poeta76
Questa volta bisogna dire che il proverbio " chi ben comincia è a metà dell'opera" calza a pennello! Sono rimasto veramente ben impressionato da questo racconto, minuzioso ma non lezioso, tenero ma non sdolcinato, una buona esposizione che evidenzia e caretterizza i personaggi ed i loro stati d'animo.
Il racconto mi pare ben articolato,non eccessivamente prolisso, molto scorrevole e non troppo cervellotico.
Questa prima lettura mi ha fatto conoscere meglio il nostro amico Max, svelandomi le sue buone capacita di narratore!

Direi che siamo sulla buona strada!

Bravo Max!

Marco [SM=g27822]


Stregadelmare
00sabato 26 novembre 2005 19:04
ok...ecco la strega...
A me non ha entusiasmato..da lettrice accanita posso dire che da queste pagine non avrei comprato il libro...

So che passerò da spietata e crudele ma mi è stata chiesta sincerità..e questo è quello che ho pensato..rimane il fatto che la storia è interessante.
Questa è la mia opinione sui ciò che ho letto che non cambia una virgola della mia stima per Max.


flora2
00domenica 27 novembre 2005 11:04
io invece...
da lettrice accanita solo se i libri la chiamano dallo scaffale, l'avrei acquistato e letto, perchè mi ha fatto battere il cuore.
Quel gesto di Sabrina di tornare indietro, perdersi nella vetrina e nei ricordi mi accade spesso, a volte mi sono anche venute le lacrime agli occhi senza curarmi degli sguardi indagatori della gente...non si possono fermare le emozioni violente quando risalgono delle immagini a galla.
Mi sono rivista nei primi giorni di scuola, nell'emozione del primo amore che si accorgeva di me, brutta e lui stupendo, nel primo addio (il mio però tragico e molto doloroso; ho rivissuto il dolore, leggendo, a distanza di 21 anni); nel rapporto con la mia mamma-amica che davvero mi leggeva i pensieri.
Spero, caro Poeta, che tu possa ancora regalarmi delle pagine che mi faccia rivivere quei momenti stupendi, vissuti e che non torneranno più.

Flora
Stregadelmare
00domenica 27 novembre 2005 14:18
Forse non mi sono spiegata bene (accade spesso ultimamente [SM=g27833] )
Che non sembri che voglia per forza aver ragione, la mia è solo un'opinione.
Non volevo dire che non è bella la storia (l'ho pure sottolineato), non ho detto che non mi sia piaciuto il flash back..ho solo detto che non mi è piaciuto lo stile descrittivo...che, secondo me, va rivisto.
Ci tengo che sia chiaro questo.
Non ho paura ad esprimere le mie opinioni perché sono sincere, ma ci tengo che non venga frainteso quello che dico.

A.
poeta76
00domenica 27 novembre 2005 16:16
hem...
Signore...Signore! Non litigate, per favore!
Scherzo naturalmente e sono dell'opinione che se si è pronti a mettersi in discussione si dev'essere pronti anche ad accettare tutte le opinioni e, magari, a farne tesoro.
Posterò solo altri due capitoli e li estrarrò a sorte, perchè mi ha fatto piacere ricevere elogi e critiche. Ho scritto, scrivo e scriverò perchè gli altri leggano, altrimenti che senso avrebbe? (almeno per me...).
Vi ringrazio per l'adesione e sopratutto per la sincerità. [SM=g27811]
Comunque vada avrò suscitato, che siano giuste critiche o tenere emozioni, avrò sucitato. [SM=g27828]

flora2
00domenica 27 novembre 2005 18:26
siamo tranquille
Caro Poeta,
io ed Anna siamo molto tranquille. Ognuna di noi ha esposto il suo punto di vista e Anna ha anche fatto una precisazione. Colgo l'occasione per dirle che non avevo affatto equivocato, ho capito benissimo che si riferiva allo stile e non alla storia.
Caro Poeta, ci conosciamo ormai da tanto tempo, io-Befana e Anna-Strega, mai litigheremo, un'amicizia così vale più di ogni cosa.

Flora
poeta76
00domenica 27 novembre 2005 21:36
A Flora
Certo Flora, lo so che siete tanquille, infatti anch'io ho precisato che stavo scherzando, la mia voleva essere solo una battuta. [SM=g27822]
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